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Le visite pastorali dei vescovi di Ales
  mons. Sanna (1524) e mons. Aymerich (1789)
 

Mons. Andrea Sanna, nativo di Cagliari, fu il secondo vescovo della nuova diocesi di Ales-Terralba (1521-1554) - nata dall’unificazione delle diocesi di Usellus e Terralba voluta da papa Giulio II con la Bolla Aequum reputamus del 26 novembre 1503 – che successe al fratello Giovanni, primo prelato del neo vescovado dal 1507, in seguito alla scomparsa dei titolari di Usellus e Terralba. Mons. Andrea Sanna fu nominato vescovo da papa Leone X il 10 maggio 1521, mentre dal 4 maggio 1522 fu nominato Inquisitore Apostolico di Sardegna, carica già ricoperta dal fratello vescovo. Anni dopo, Giulio III, nel Concistoro del 3 agosto 1554, lo nominò arcivescovo di Oristano, dove arrivò il 23 dicembre dello stesso anno. Lasciò un manoscritto De monumentis antiquis Sardiniae andato perduto. Morì ad Oristano nel 1555. Nel 1524, tre anni dopo aver preso possesso della diocesi di Ales-Terralba, compì la sua visita pastorale. Questa si rivela importante. Infatti il diario della visita pastorale, scritto in lingua catalana, è il documento più antico dell’Archivio della Curia Vescovile di Ales, ed è conservato nell’ex Seminario Tridentino, la cui fondazione risale al 1703, ad opera del vescovo cagliaritano mons. Francesco Masones y Nin; la fonte risulta essere di notevole importanza storica e sembra configurarsi come un unicum nella Sardegna pre-tridentina della prima metà del Cinquecento; la visitatio viene effettuata in una diocesi dove le vie di comunicazione erano precarie, in un’area altamente malarica tanto da spingere i vescovi, anche nei secoli successivi, a risiedere a Cagliari piuttosto che nel piccolo e malsano centro di Ales. Si tratta, infine, di una visita condotta con diligenza, risultando preziosa per le informazioni che fornisce sui luoghi e le persone, sugli altari e gli accessori, sul tabernacolo e sui vasi sacri, sui retabli e i paliotti d’altare, sul fonte battesimale, sulle campane e sugli altri arredi delle chiese e, infine, sui libri e sulle vesti liturgiche. La visitatio si svolse dal 5 al 16 aprile del 1524 in undici ville, secondo il seguente itinerario: Sardara (parrocchia di Santa Maria di Sardara), San Gavino (parrocchia di Santa Chiara), Gonnosfanadiga (parrocchia di Santa Barbara), Serru (chiesa di San Lorenzo), Arbus (parrocchia di San Lussorio), Guspini (parrocchia di San Nicola), Pabillonis (parrocchia di San Giovanni Battista), Bonorzuli (parrocchia di Santa Anastasia), Mogoro (parrocchia di Sant’Antioco e chiesa di San Bernardino), Gonnostramatza (parrocchia di San Michele), Sérzela (parrocchia di San Paolo). Di questi undici centri, Serru, Bonorzuli e Sérzela scomparvero nell’arco dei due secoli successivi. I primi due risultano non esistere più già all’epoca del vescovo mons. Giusepe Maria Pilo (1761-1786), mentre Sérzela - che da un documento del 1763, anno della prima visita pastorale del Pilo, risultava essere abitata da 50 persone - scomparve nel 1775 con la chiusura della parrocchia di San Paolo. La visita non riguardò i centri di Arcidano, Uras e Terralba, i quali, pur facendo parte della diocesi, probabilmente risultavano disabitati a causa delle incursioni di turchi e barbareschi, i quali rendevano insicuri i litorali sardi e l’immediato retroterra, saccheggiando e depredando i villaggi che incontravano. «Quando una galeotta o una fusta di corsari – scrive Angelo Rundine in un suo saggio – incrocia in prossimità della costa, i villaggi che rischiano di essere assaliti, sono in fermento: la sola vista di una vela corsara genera paura. In alcuni anni, come il 1555, il loro numero è tale che l’intero mare isolano sembra circondato di galere e fuste: secondo la testimonianza di Andrea Sanna, tutti si sentono come prigionieri e nessuno si azzarda a lasciare l’isola».
(continua…)

 

Manuela Garau

 
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  Il ruolo della propaganda nel secondo conflitto sociale
 

La seconda guerra mondiale fu combattuta anche attraverso la diffusione di cartoline e manifesti. I mezzi psicologici infatti furono messi in campo come armi non meno importanti di quelle militari. Le popolazioni furono investite da un flusso continuo di messaggi in cui era prevalente il tema dello scontro ideologico. La propaganda fascista fu indubbiamente quella che fece più presa in Italia; senza nascondere la propria volontà autoritaria e dichiaratamente antidemocratica, faceva appello alla teoria di una “unità nazionale” e all’esaltazione di un primato da conquistare attraverso l’esplicito rifiuto degli ideali democratici. L’uso dei mass media diventò ancor più rilevante grazie all’introduzione di mezzi all’epoca molto innovativi. La radio, ad esempio,assunse un ruolo di primo piano. Nel 1928 fu anche istituito l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR). Mussolini acquistò addirittura i più importanti giornali italiani per accrescere il consenso intorno al regime; alcuni giornali dell’opposizione tuttavia riuscirono a sopravvivere. Fu inoltre fondato l’ “Ordine dei Giornalisti e un Ufficio Stampa, in seguito trasformato in Ministero Della Cultura Popolare. Nel 1925 fu istituita l’“Unione Cinematografica Educativa Nazionale” (L.U.C.E.), considerata il più efficace mezzo di propaganda del regime. I temi più ricorrenti erano il mito bellico e l’elogio del patriottismo. Il modello fascista di Stato fu preso come esempio dalla Germania nazista; Hitler ebbe l’assoluto controllo su cinema, musica, stampa, teatro, radio, arte e televisione. Fu comunque la radio, sempre più diffusa nelle case dei tedeschi, lo strumento maggiormente utilizzato per l’indottrinamento delle masse. Con appositi provvedimenti legislativi fu inoltre stabilito che i giornalisti dovessero render conto non più ai direttori ma all’apparato statale, mentre tutte le agenzie di stampa vennero assorbite dall’unica consentita, la DNB. La propaganda nazista produsse documentari e film, con lo scopo di convincere i tedeschi circa la necessità di eliminare quelle che venivano considerate le razze etnicamente inferiori e inculcare la più totale devozione e fiducia nel proprio fuhrer. Ma l’occasione più ghiotta per far conoscere a tutto il mondo la potenza del III reich fu però rappresentata dalle olimpiadi di Berlino del 1936.

 

Stefano Mais

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