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I fioretti di San Francesco: Il lupo di Gubbio
 


“Al tempo che santo Francesco dimorava nella città di Agobbio nel contado di Agobbio apparì un lupo grandissimo, terribile e feroce, il quale non solamente divorava gli animali ma eziandio gli uomini, in tanto che tutti i cittadini stavano in gran paura…” Inizia così uno dei più famosi Fioretti di San Francesco: “Il lupo di Gubbio”. I fioretti  sono una raccolta di episodi della vita di Francesco d’Assisi, dei quali egli stesso è il principale protagonista, insieme ai compagni e ai discepoli. Il titolo (“I fioretti di San Francesco”) è un volgarizzamento trecentesco in lingua toscana di un testo latino (“Actus beati Francisci et sociorum eius”) composto probabilmente da Ugolino da Montegiorgio tra il 1327 e il 1340. La datazione dei Fioretti oscilla tra il 1370 e il 1390 e il titolo indica la scelta di “piccoli fiori” ossia 53 episodi considerati significativi nella vita del santo e dei suoi primi compagni. Questi racconti sono caratterizzati da semplicità e schiettezza della lingua parlata e, riprendendo la leggenda francescana, la ampliano con racconti rimasti celebri, come l'addomesticamento del feroce lupo di Gubbio o delle tortore, la consuetudine con santa Chiara, la predica in una chiesa di Assisi con frate Rufino, la liberazione degli indemoniati, le apparizioni divine, le stimmate. Nel ventunesimo episodio, noto appunto come “Il lupo di Gubbio” si narra di un lupo ferocissimo che terrorizzava gli abitanti del paese di Gubbio, i quali non si sentivano sicuri nemmeno uscendo dalla città armati. San Francesco però, avendo compassione di quegli uomini, andò incontro al lupo senza paura, lo addomesticò con il segno della croce e parlò con lui come se fosse un essere umano. Rientrato poi in città insieme al lupo ormai mansueto si rivolse al popolo predicando la conversione dai peccati. Questo famosissimo fioretto, dalla struttura narrativa vivace ed emozionante, riprende il tema antico dell’eroe che libera la città dal mostro, come ad esempio l’uccisione del drago da parte di san Giorgio. Qui però Francesco non uccide la bestia feroce, in quanto anch’essa è creatura di Dio, ma la rende mansueta e converte il suo animo grazie alla forza dell’amore. La “conversione” del feroce lupo che terrorizzava la città di Gubbio si conclude quindi con un vero e proprio patto di pace fra il lupo e la città (il lupo depone la sua ferocia, e i cittadini si impegnano a nutrirlo ogni giorno), e leggenda vuole che successivamente il paese si legò così tanto a questo animale che, quando il lupo morì, i cittadini si rattristarono profondamente a dimostrazione proprio dell’amore verso tutto il Creato di Dio che il fraticello di Assisi riusciva a trasmettere con le sue opere.

 

Stefano Mais

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