Parrocchia Santa Barbara Villacidro
Piazza S. Barbara, 2 -- 09039 Villacidro (CA) ITALIA Tel. e fax: +39 070932018
Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
siete in: home > IL GIORNALINO > ottobre 09 > La fatica di diventare adulti
 
La fatica di diventare adulti
 

Tra i processi in atto nell’Occidente, i sociologi evidenziano come particolarmente rilevante la voglia di giovanilità e la tendenza a spostare sempre più in avanti i compiti propri di una vita adulta. Il desiderio di restare e di sentirsi giovani non appartiene solo a quanti anagraficamente lo sono davvero, ma coinvolge anche molti adulti non più giovani, adulti che nascondono la loro vera identità e adulti ancora nostalgici di qualcosa che ormai non appartiene più al loro essere. E’ come se ci fosse a livello concettuale e culturale una resistenza all’adultità, una paura ad abbandonare una fase di vita (appunto la gioventù) che non è un traguardo a lungo termine, ma soltanto un momento di transito. Molti si giustificano dicendo che una persona può sentirsi giovane a tutte le età, indipendentemente da quella anagrafica. In questo caso però ci si riferisce a una categoria spirituale (uno si “sente” giovane nello spirito) e non temporale. Naturalmente c’è anche chi si parcheggia nella giovinezza non per scelta, ma per necessità, per ragioni che vanno oltre la sua volontà. Un tempo il corso della vita era nettamente distinto in un susseguirsi di fasi: infanzia, adolescenza, giovinezza, età adulta, vecchiaia, con ruoli e compiti sociali ben definiti; oggi, invece, la giovinezza, intesa come modo di vivere, si protrae molto più a lungo, tanto che appare sempre più difficile stabilire quando essa termina e quando inizia l’età adulta. Intendo dire che risulta diffusa la non equiparazione tra età anagrafica ed età sociale. E molti, di fatto, pur non essendo più giovani quanto ad età, restano tali quanto a comportamenti e a stili di vita. Tradizionalmente alle due età corrispondono atteggiamenti di vita abbastanza distinti. A quella adulta si abbina il dovere della responsabilità, del sacrificio e della fatica, mentre alla giovinezza si associa l’idea di un tempo mitico da trattenere quanto più è possibile. Ovvio quindi che in tanti cerchino di evitare ciò che nell’immaginario richiama l’impegno e la rinuncia alla libertà personale (uscire di casa, formare una famiglia, avere dei figli, ecc…) a scapito del divertimento e dell’assenza di costrizioni. Non sorprende quindi che in Italia il 30,8% delle persone di età compresa tra i 25 e i 39 anni si ritenga giovane , contro il 6,4% che dichiara di sentirsi adulto. Il dato ci aiuta a capire anche la tendenza generale, propria di questi ultimi anni, a spostare in avanti la formazione di una famiglia e l’indipendenza dai genitori. Un numero crescente di persone non più giovani aspirano a ritenersi ancora titolate a parcheggiarsi in questa età ideale (la giovinezza) quasi che quella adulta debba considerarsi una sfortuna da allontanare. E così per tanti sembra essere diventata prassi l’appartenere al mondo adulto quanto a età e a quello giovane per appartenenza sociale. La giovinezza è ambita più dell’età adulta, nella convinzione ormai diffusa che, una volta adulti, si perdono molte delle prerogative e dei vantaggi che sono propri  della gioventù. Gli studi di settore confermano questa tendenza, affermando che la “transizione dei giovani all’adultità è un passaggio che si realizza sempre meno, sempre più tardi, con modalità differenti, rispetto solo ad alcuni decenni fa” (Pasqualini). Ad esempio, all’età di 30-34 anni, oltre il 20% dei giovani italiani resta alle prese con gli studi, mentre il 25% circa ancora non è riuscito ad inserirsi, in maniera continuativa, nel lavoro. Con ciò non si vuole dire che i giovani sono privi di progettualità, anche se non esiste un progetto standard, dal momento che alla fine quasi tutti si riconciliano con gli anni e fanno il grande passo verso la responsabilità piena e l’autonomia.
Da questa analisi, per me sacerdote, scaturisce una domanda non banale. Mi chiedo infatti: “Dentro una simile cultura, come si può ipotizzare l’approccio alla fede cristiana con i suoi valori, le sue speranze e i suoi ideali? Il vangelo spinge alla coerenza tra il pensare e il fare ed esige determinazione e impegno nell’approccio alla persona di Gesù e al suo insegnamento. Ora la lentezza e la fatica nel progettarsi che caratterizza una percentuale molto alta di adulti giovani sembra proprio l’opposto di ciò che richiede il messaggio cristiano. Come, dunque, evangelizzare un sistema di pensiero, ormai diventato costume, che non promuove scelte di vita motivate e che anzi sembra giustificare l’indeterminazione nel passaggio alla fase adulta?

 

Don Giovannino

  <<Torna ai titoli
   
  Pagina:    1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
 
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
     
         
       
sito realizzato da: Francesco Chia      
Copyright ©2004