Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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Don Andrea Santoro
 

Andrea Santoro nasce a Priverno, in provincia di Latina nel 1945. Nel 1955, la famiglia si trasferisce a Roma. Due anni dopo, entra in seminario. Diventa sacerdote nell’ottobre 1970. I primi mesi di servizio li vive al Casilino, uno dei quartieri più degradati della capitale. Ben 5000 persone vivevano in baracche, in situazioni drammatiche e con una forte presenza della prostituzione. Dal 1971 al 1980 è viceparroco nella parrocchia della Trasfigurazione. Qui dà vita ad un vero laboratorio di sperimentazione ecclesiale, impegnato in vari servizi: dall'animazione liturgica ad impegni in campo socio–assistenziale (doposcuola e aiuto ad anziani e ai disabili). Riforma la catechesi secondo il modello di Don Milani. Presenzia alle riunioni dei comitati di quartiere e offre ospitalità a un gruppo di madri di Desaparecidos argentini, che lottavano per avere notizie dei loro cari. Questi impegni, però, non appagano pienamente Don Andrea. Così, fa richiesta di poter passare un periodo in Terra Santa. Emerge una sete di essenzialità, di riscoperta delle origini della fede. Per sei mesi ripercorre i luoghi della vita di Gesù, da Gerusalemme a Nazareth, matura l'idea che sia possibile per tanti vivere in santità anche la quotidianità, rimettendosi alla volontà di Dio. Rientrato a Roma, nel settembre 1981 gli viene assegnata la parrocchia, di recente costituzione, di Verderocca, quartiere in forte espansione, ma privo di tutto, anche della chiesa. Vive in un appartamento, incontra la gente per strada, la visita in casa. Prima di un edificio serve una comunità. I credenti mettono a disposizione locali condominiali e appartamenti per le celebrazioni, le catechesi e le varie attività. Andò avanti così per sette anni, fino a quando intraprende la costruzione di una Chiesa, intitolata a Gesù di Nazareth, nel cui progetto fa inserire anche un piccolo “eremo”, a disposizione di chi avesse il desiderio o il bisogno di spazi di silenzio e di meditazione, due locali per persone in difficoltà e un magazzino per la raccolta di generi alimentari e di conforto. Sceglie poi di trascorrere altri cinque mesi in Medio Oriente. Nel 1994 viene trasferito nella parrocchia dei santi Venanzio e Filippo, non distante da S. Giovanni in Laterano. Una parrocchia importante, marcatamente segnata dal cammino neocatecumenale. Anche qui riprende, lo stile missionario dei primi anni aprendosi ai temi dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso. Quest'apertura verso l'altro è indice della sua crescente sete di missione, inizialmente poco compresa dai suoi superiori. Nel 2000, il Card. Ruini gli consente di partire per l'Anatolia, per un triennio. Don Andrea interpreta il suo invio anche come mezzo per creare un legame tra la Chiesa di Roma e la Chiesa turca, per ritrovare slancio, coraggio, rinnovamento e apertura universale. Avvia i primi contatti con la gente e le autorità civili e religiose, all’interno di un percorso personale di cambiamento, legato alla nuova situazione in cui si è calato, fatto di carità, attenzione alle famiglie povere e di contatto con i cristiani di tutto l'est Turchia. Nel 2001, apre la Ibrahimin, ovvero la “Casa di Abramo”. La sua abitazione, diventa luogo di dialogo, incontro, studio, preghiera, e accoglienza di poveri e pellegrini. Si applica con fatica e costanza, allo studio della lingua turca. Dal 2003, gran parte delle sua missione si svolge a Trabzon, Trebisonda, città portuale sulla riva del mar Nero. La vivacità economica della città richiama molti immigrati e alimenta anche un terribile traffico di prostitute, una realtà che Don Andrea prenderà molto a cuore. Nel contempo lavora per sistemare la chiesa. Si trova in attrito con le autorità locali, che lo portano a precise prese di posizione sulla laicità dello stato e sulla libertà religiosa in Turchia. Accoglie e guida il cammino di un piccolo gruppo di giovani ed entra in contatto con tante donne, soprattutto armene e georgiane, costrette a vendersi. La sua è una presenza silenziosa, quasi invisibile, come nascosta sarà la via Crucis del 2003, che sceglierà di celebrare proprio nel quartiere a luci rosse. Nel pieno della sua missione pastorale, il 5 febbraio 2005, mentre stava pregando nella sua chiesa, Don Andrea viene ucciso a colpi di pistola da uno sconosciuto. Di lui resta la testimonianza di una fede profonda e autentica.

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