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Il giorno della memoria
 

Oggi, 27 gennaio, è il giorno in cui si fa ricordo degli orrori perpetuati in nome della ideologia nazista sulla supremazia della razza ariana che decretò lo sterminio della razza ebrea. A monte di quest’odio c’era invidia per un popolo che possedeva doti e capacità di alto livello e di conseguenza prestigio e ricchezza adeguati. Tutto ciò e altro hanno provocato lo sterminio di molti milioni di ebrei nel tentativo abnorme di sterminare una razza in nome di una presunta superiorità razziale nata e coltivata nella mente diabolica di un uomo e dei suoi fedeli. Per molti, troppi anni, una coltre di silenzio è calata su questa immane tragedia, si dice che la storia perché sia più obbiettiva possibile debba essere valutata dopo che il tempo ha sedato gli animi e anche i testimoni, chiusi nelle loro dolorose esperienze, possono essere ascoltati con rispetto. Sta ad ognuno di noi conservarne la memoria e trasmetterla ai giovani, in famiglia e nella scuola.
Questo giorno è stato scelto nel 2000 come giorno speciale per studi e convegni in cui si faccia ricordo e si discuta questa pagina dolorosa della nostra storia. Vicende, queste, che devono ricordarci che siamo tutti figli di Dio, uguali per dignità, nella diversità di razze, culture e religioni. Se i bambini vengono educati a questi valori si avrà una società più giusta e aperta al diverso, a coloro che vengono nel nostro paese cercando un lavoro e una patria più accogliente di quella che hanno dovuto lasciare.

 

Mariolina Lussu

 
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  Arlecchino. Una maschera intramontabile
 

E’ arrivata anche quest’anno la festa più colorata, allegra e rumorosa di tutte: il Carnevale. Alle fritture e alle musiche si sono accompagnati, come da tradizione, i travestimenti più originali e divertenti. Nonostante il passare del tempo e il mutare delle mode, alcune maschere, ormai radicate nella cultura popolare italiana e da tutti ben conosciute, rimangono intramontabili e insuperabili. Pantalone, Colombina, Rugantino, Pulcinella e Pierrot sono solo alcuni dei personaggi della commedia dell’arte che da tempo immemorabile popolano le strade dei paesi in occasione del carnevale. Ma fra tutti uno, in modo particolare, conquista i cuori di giovani e meno giovani per il suo abito e per i suoi modi di fare: Arlecchino. La maschera di Arlecchino nasce nella zona povera di Bergamo, la Bergamo bassa contrapposta a quella alta che invece dà i natali a Brighella. L’evoluzione di questa maschera procedette di pari passo con il suo successo: alla superstizione, alla cronica mancanza di cibo e di denaro, si aggiunsero con il tempo nuovi tratti caratteriali. Dall’inizio del Seicento, Arlecchino divenne il fedele valletto di un nobile, sempre innamorato di una servetta, avido e scaltro a seconda delle circostanze e perennemente nei guai, da cui cercava di uscire con intelligenza e prontezza di spirito. I suoi movimenti erano quelli del gatto, rapidi e sornioni e, come il gatto, era pronto ad attaccare ma non nutriva propositi di vendetta nei confronti di chi lo aveva ingannato. Al di là di questi aspetti caratteriali, ben visibili in occasione delle rappresentazioni della commedia italiana, ciò che più affascina e colpisce l’occhio è sicuramente il suo vestito. Leggendarie sono le origini del suo costume, al punto che una tradizione accreditata vorrebbe che la maschera sia stata modellata proprio dal grande Michelangelo su quella di un antico satiro. L’abito di Arlecchino è appunto caratterizzato dalla presenza di triangoli colorati cuciti sia sui pantaloni che sulla giacca. Il berretto è decorato con una coda di lepre o di coniglio, alla cintura è attaccato un bastone e le calzature sono aderenti al piede e prive di tacco, mentre il viso è coperto da una mezza maschera in cuoio. Queste le indicazioni per un travestimento allegro che non invecchia mai.

 

Loredana Garau

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