Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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Si riparte!
 

Settembre, ovverosia il ritorno alla ordinarietà della vita. La vacanze, con tutto ciò che le richiama: il caldo, il mare, i viaggi o, più semplicemente gli incontri di vicinato “a sa friscura” dei lunghi dopocena, appartengono ormai al passato. Si riprende il tran tran di consuetudini, orari e impegni famigliari e sociali che ritmano l’esistenza di singoli e di comunità. Gli antichi chiamavano settembre “su mesi de cabudanni”, appunto perché in una cultura agro-pastorale, in questo periodo, si riprendevano i lavori dei campi dentro l’identico scenario di fatica, povertà e solidi rapporti domestici e comunitari, immutabile, di padre in figlio. Anche la parrocchia, dopo gli appuntamenti estivi del Carmine e di San Sisinnio e l’intensa e positiva attività presso la casa al mare di Arborea per bambini, ragazzi e giovani, è ora chiamata a riorganizzarsi e a programmare il nuovo anno pastorale. Al contrario di quelle che sono le apparenze, questo è tempo di grande fermento. C’è da reimpostare l’attività catechistica e oratoriana e da riformulare il calendario degli incontri formativi per gli innumerevoli gruppi e associazioni operanti nella comunità. Soprattutto è il momento di ripensare alla pastorale delle giovani famiglie e a quella che ha per destinatari i ragazzi e i giovani. Parte don Massimiliano, arriva don Stefano, ma l’urgenza dell’annuncio della fede nel mondo giovanile rimane immutata. Perché l’acqua non si intorbidi e diventi poi stagnante, occorre che non smetta mai di scorrere. Così è per noi. Se ci chiudiamo in noi stessi, oppure dentro la nostra piccola cerchia di amici o stiamo bene soltanto all’interno del nostro gruppo, finiamo per impoverirci tutti e per diventare gretti e ristretti di mente. Come cristiani, tutti abbiamo una missione da espletare, ma non da soli. Apriamoci agli altri, rendiamoci disponibili alla collaborazione, impariamo a sentirci famiglia. Ognuno si renda disponibile al servizio ecclesiale in modo da rendere la comunità parrocchiale un piccolo, attivo cantiere in cui tutti si sentono impegnati e dove il lavoro di ciascuno diventa prezioso per la crescita di tutti.

 

Don Giovannino

 
  L'intervista impossibile.
Super intervista a Francesco d'Assisi
 

Strano parlare con lei, Francesco. Sa che il mio libro di italiano la definisce “il più alto esponente della spiritualità del XIII secolo”? Credo che proprio a lei non piaccia questa definizione. Io sono una creatura di Dio, l’ultima e la più modesta; mi basta questo. Non c’è bisogno di gloria nel mondo. La nostra gloria deve essere altra. Hai mai visto il sorriso di un bambino che soffre, che è malato, che ha fame e freddo? Se lo prendi in braccio gli scalderai le membra e il cuore. Tu stessa scoprirai che l’amore per quel bambino ti riempie e pervade da cima a fondo e in quell’amore sarai felice anche senza un compenso, perché l’amore è umile, è forte, è gentile, è libero e gratuito. E l’amore basterà a sé stesso, basterà a te, basterebbe al mondo, perché l’animo di chi ama non ha piaghe di lebbra, fame di cibo, tremar di freddo. Guarda quel bambino, guarda il tuo fratello e fallo diventare specchio di te, di Cristo, del mondo: lasceresti quel figlio di Dio a morire solo per odio?
Peggio, forse: per paura e pigrizia. Si, paura di perdere il mondo. Perché non capiamo che questa è la via per trovare lo spirito.
Sono d’accordo, ma è davvero difficile fare una scelta così radicale. Radicale? Certo è così, ma sembra difficile se non si dà il giusto valore a quel che lasciamo e prendiamo. Perché pensiamo che la gioia sia una bella casa, una macchina costosa e l’altrui ammirazione per i nostri successi. Ma chi è più libero e pieno d’amore, e quindi più felice, di chi si offre al prossimo? Sciolto dalle catene del mondo e abbracciato al più misero degli uomini? Hai mai visto il povero lebbroso dal largo cappello? Quello è il Cristo. Davvero lo respingeresti? Io non ho disprezzato il mondo, ho solo cercato Dio. Era in quel lebbroso che si affannava per strada.
La sua rinuncia al mondo ha coinvolto altre persone. Per esempio suo padre… Dio mi ha mostrato la strada da percorrere. La mia non è stata una scelta che voleva, anzi, poteva cagionare dolore a mio padre; era l’unica cosa che potessi fare e, per tutta la vita, ho sperato che Pietro, mio padre, mi accettasse, capisse. Non ho mai smesso di amarlo, rispettarlo e onorarlo. Ma la mia legge è quella del Padre mio.
Ma la via qual è? Quale il percorso a cui sacrificare gli agi, gli affetti, chi ci ama e chi ci corrompe? Non chiederlo a me. Ce l’ha detto Lui. Per trovare la via, ama Dio, ama le sue creature, ama i fratelli e le sorelle.
In questo terzo millennio è ancora possibile fare ciò che lei ha fatto? Ma io non ho fatto nulla!
Con tutto il rispetto, mi permetta di dissentire. Io non sono più buono degli altri, solo più fortunato.
Secondo gli schemi correnti, lei sarebbe un pazzo. Qual è la fortuna, scusi? Aver incontrato quel lebbroso per via. Ecco tutto. Aver potuto cercare di redimere il mio peccato. Aver incontrato Cristo sceso dalla croce.
Ma noi, chi dobbiamo aiutare? C’è tutta un’umanità che soffre.
Eppure per lei l’umanità era gioia, il dolore perfetta letizia. Qualcuno per questo mi ha voluto vedere come un masochista. Non m’importa, ho talmente tanti difetti… Vorrei solo che si capisse come per me il dolore sia un dono. Il dolore è Dio che ci rende simili a Lui, è Cristo che ci offre la salvezza della croce. Ci pensi, che regalo meraviglioso? E’ l’umanità sofferente che continua a sorridere…
E’ per questo che nel Cantico usa tanto la frase “Laudato sia”? Certo; lodate Dio, lodatelo tutti, lodatelo sempre, perché Dio è amore, è gioia, gaudio e tripudio. Amatelo in tutte le sue opere, nel cielo e nell’acqua, nel perdono e nel dolore.
E’ stato veramente un onore poter parlare con lei; ora però la devo proprio salutare. Alla prossima!

 

Maria Cadoni

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