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Il valore della memoria
 

Con troppa facilità, oggi, si smette di ricordare, preferendo alla evocazione del passato, l’oblio e la dimenticanza. Si è assetati di eventi sempre più incredibili e questo crea, a livello psicologico, un crescente e ossessionante bisogno di novità che non lascia spazio né al silenzio né alla riflessione. Si crede che la vita sia soltanto presente e, soprattutto, futuro. In realtà essa si traduce in speranza nella misura in cui dispone il cuore e la mente a riconsiderare con attenzione il proprio passato.
Chi non ricorda l’emozione vissuta nello scorrere un album di vecchie foto, nel rivedere un video della propria famiglia quando tutti, genitori e figli, erano più giovani, o quando, nel mettere in ordine la casa, ci si imbatte in un souvenir portato da un viaggio e di cui si era perso il ricordo? Certo, nel nostro passato ci sono anche momenti bui e tristi che ancora, hanno la forza di suscitare stati di disagio e di profonda pena. Fatti magari che ci hanno ferito nella nostra dignità o che noi abbiamo compiuto a danno di altre persone. Ricordare, dunque, può dare benessere, oppure sofferenza, invogliare ad affrontare con coraggio le vicissitudini del presente, o favorire il proprio “io” a sprofondare nel pessimismo e nella rassegnazione. In tutti i casi, riflettere sul passato significa accogliere emozioni, sentimenti e stati d’animo, forse diversi da quelli che si stanno vivendo in quel momento, che però appaiono significativi e coinvolgenti per la vita presente. Si tratta infatti di un esercizio che ci consente di riappropriarci della nostra storia, cioè di quello che eravamo e di quello che poi siamo diventati, nel bene e nel male.
Credo che sia dentro queste costanti che si innesta nell’uomo l’esigenza di poter contare su particolari ricorrenze in grado di tradursi da una parte in momenti di festa e di spensierato divertimento, e dall’altra in occasione di riflessione e di silenzio. Non solo le religioni, ma anche le culture più secolarizzate e laiche, in tutte le civiltà e in ogni parte del mondo, hanno sempre cadenzato l’esistenza dell’uomo entro questi due poli: la festa e la pausa meditativa. Esemplificando e prendendo a modello l’esperienza cristiana, si potrebbe dire che il mondo si crea sia il carnevale che la quaresima. O ancora, - se il principio lo si applica al mondo dello sport, - all’evento esaltante della competizione si abbina la fatica nascosta degli allenamenti. Il ricordo del passato poi, si tramuta a volte in gioia e talaltra in tristezza. Si cresce come persone nella misura in cui nella vita si accettano queste due dimensioni con intelligenza e consapevolezza. I genitori che pensano soltanto a salvaguardare i figli dalla fatica e dal sacrificio commettono un errore gravissimo a livello educativo e non li preparano alla vita. Il protezionismo non rende mai la persona capace di fronteggiare le incognite e gli imprevisti che le stagioni dell’esistenza impongono al di là di ciò che si vorrebbe, ma rende fragili e impotenti. Nessuno può con maturità proiettarsi nel futuro se si rifiuta di fare riferimento agli eventi passati o a quello che si è stati. Trascorrere l’esistenza in una continua e lunga festa, senza mai sostare in ascolto di se stessi o, per uno sportivo, ridurre la propria attività al momento agonistico della gara, significa distorcere il reale e impedire a se stessi di affrontare la vita in tutta la sua complessità. Il futuro si radica nel passato, la festa nel tempo dell’attesa, lo spettacolo sportivo nella preparazione e la vita nella concretezza delle situazioni.
Dalla categoria del ricordare, come si vede, scaturiscono conoscenze importanti anche su altri aspetti. Purtroppo, dentro la nostra cultura, la memoria è diventata un fatto opzionale e così pure gli altri valori più sopra accennati. La moda dell’eterno presente impedisce alla persona di crescere perché induce la mente a prestare attenzione soltanto al nuovo e tende a ignorare gli insegnamenti che il passato offre, annullando così il confronto con l’esperienza e impedendo a se stessi un approccio più consapevole con il vissuto e con ogni forma di progettualità.

 

Don Giovannino

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