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Guinea Equatoriale: lo scandalo del silenzio
 

La Guinea Equatoriale è un piccolo paese dell’Africa Sub-sahariana, poco più grande della Sardegna, con una superficie di 28.059 Kmq. e una popolazione di 523.000 abitanti. Il territorio è formato da una parte continentale (poco più di 25.000 Kmq.) che si chiama Rio Muni. Il resto del paese è formato dall’isola di Bioko (2.017 Kmq.) dove si trova la capitale Malabo, dall’isola di Corisco (14 Kmq.) e dall’isola di Annobon (18 kmq.) dove vivono circa 2.000 abitanti. La Guinea Equatoriale, ex colonia prima portoghese e poi spagnola, è un paese che vive sotto la morsa di una delle dittature più cruente e sanguinarie del continente africano e di cui nessuno parla. Tutto il potere politico ed economico del piccolo Stato si concentra nelle mani del presidente-dittatore Teodoro Obiang Nguema - salito al potere con un golpe nell’agosto del 1979 - e della sua famiglia. La Guinea Equatoriale è un paese dei paradossi. Pur avendo il reddito più alto di tutta l’Africa, una crescita economica del 18,6% (anno 2006), la seconda di tutto il mondo e la prima in Africa, una bilancia commerciale in attivo e un’inflazione bassa, la situazione del paese è difficilissima. I vasti giacimenti di petrolio, scoperti nel 1994, hanno trasformato la Guinea Equatoriale nel terzo produttore dell’Africa Sub-Sahariana, dopo Nigeria e Angola, del prezioso minerale. Ma le ricchezze derivanti dal settore petrolifero, in mano a società statunitensi, vanno a finire nelle tasche di queste ultime e della famiglia del dittatore. La popolazione vive in condizioni di povertà. Il sistema sanitario è mediocre e molte aree del paese sono prive dei più elementari servizi sanitari. La qualità della vita è molto bassa, con un bassissimo Indice di Sviluppo Umano e che è in continua discesa. Il 50% della forza lavoro del paese è impiegata nell’agricoltura, anche se la superficie arabile è solo del 5%. Si coltiva cacao, un pò di caffè, banane, palme da olio e da cocco, manioca e patate dolci. La produzione del legname è quasi tutta sotto il controllo del figlio del presidente-dittatore e del ministro delle Foreste.
Nella piccola isola di Annobon si sta consumando uno dei drammi più gravi dell’intero continente africano; il tutto nel più totale e assoluto silenzio del mondo occidentale e dei mass media. A partire dal 1988 il governo della Guinea Equatoriale autorizzò la società inglese Buckinghamshire a scaricare 10 milioni di barili di residui tossici in cambio di 1 milione e 600 mila dollari. Seguirono altre autorizzazioni rilasciate ad un’altra azienda inglese (Emvatrex) e al Gruppo Consorzio Axim di New York per depositare barili di resti tossici e diversi milioni di tonnellate di resti nucleari. L’isola, controllata dai militari del regime dittatoriale, dalle spie e dalla polizia, è inavvicinabile agli stranieri. L’isola è contaminata pesantemente dal radòn, una sostanza radioattiva, ma anche da pesticidi, diossina, formaldeide, metalli pesanti, cianuro e fenolo. Gli effetti sulla flora, sulla fauna e sugli abitanti sono devastanti. Le piante muoiono, mentre quelle giovani non si sviluppano. I pesci mostrano difettose alterazioni di sviluppo e così pure gli animali terrestri. L’isola è infestata dai ratti che attaccano i vecchi e i bambini durante la notte. Il regime ha rifiutato tutti i programmi di aiuto per l’isola e per combattere la diffusione dei ratti. Esso non vuole che si venga a conoscenza dei programmi del governo. Il 43% dei bambini con meno di 5 anni è gravemente sottopeso. La mortalità infantile è altissima. Il 41% dei bambini è affetto da diarrea ed è colpito da parassitosi intestinale. Diffusissime le malattie della pelle e le tumefazioni al viso. Sono aumentati, inoltre, i casi di leucemia. In nome del dio denaro tutto è permesso, anche uccidere lentamente gli abitanti dell’isola di Annobon (tanto sono solo 2.000!), nel più totale silenzio e nell’indifferenza più cinica delle società inglesi e statunitensi interessate a liberarsi dei propri rifiuti tossici e radioattivi, a sfruttare le immense ricchezze petrolifere e a dividere i proventi con la famiglia del presidente-dittatore.

 

Manuela Garau

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