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Mai emarginare Dio dalla vita
 

Tra le tendenze che godono di maggiore credito nel nostro tempo, sembra esserci anche quella dell’indifferenza religiosa. Tanti, - pur senza escluderlo, - si vanno convincendo che emarginare Dio dalla propria vita non è poi quel grande disastro che la Chiesa e i preti vorrebbero fare credere. In fondo non si fa altro che rimuovere un bisogno che risulta più apparente che reale, dal momento che non offre risposte immediate alla questione: “In che cosa conviene impegnare le proprie energie per stare bene nel contesto in cui si vive?”. Ripeto, non è che si scelga, in maniera esplicita, di rifiutare i valori cristiani (coloro infatti che dichiarano di non essere più credenti-cattolici, secondo i dati della ricerca sociologica, sono ancora una minoranza non significativa, di pochi punti percentuali). Piuttosto è in atto il tentativo, - forse inconscio, - di dare unicamente importanza al proprio sistema di valori. Si preferisce riporre la fiducia soltanto in se stessi e negli stili di vita che appaiono facili da conseguire e, soprattutto, appaganti sul piano personale. E per ottenere, in tempi rapidi, ciò che si vuole, l’idea di Dio resta davvero molto astratta e marginale.
L’equivoco, a mio modo di vedere, sta proprio qui. Ci si accontenta di prestare attenzione alle esigenze contingenti e immediate, mentre si fa di tutto per sfuggire alle grandi domande che pongono interrogativi sul “senso” del vivere e sull’ipotesi che possa darsi una realtà diversa e significativa che supera la nostra intelligenza e che guida le coscienze a ricercare qualcosa che va oltre il soddisfacimento immediato di ciò che è momentaneo e mutevole. E’ un po’ come se si fosse maturata la consapevolezza che non vale più la pena coltivare pregiudizi nei confronti di quel mistero che chiamiamo Dio, dato che dopo millenni di storia, e quindi di filosofia e di scienza, ancora non si è trovato chi fosse capace di allontanare tale questione dall’orizzonte della vita. Semplicemente si preferisce vivere alla giornata, cercando di appagare i bisogni immediati. Si può dire che alla riflessione appassionata sulle grandi domande che, da sempre, specificano l’uomo tra i milioni di altri esseri viventi presenti sulla terra, si preferisce oggi adagiarsi sull’inerzia emotiva e intellettuale. Occorre invece recuperare lo spessore della nostra vera identità. Dobbiamo chiederci perché mai noi riusciamo a formulare interrogativi che vanno oltre le possibilità di spiegazione dell’intelligenza. Ciò accade per puro caso, oppure dobbiamo supporre come reale l’esistenza di un “mistero”che ci supera e di cui tutti siamo in ricerca? Come si vede, è la stessa ragione a indurci a maggiore umiltà nella pretesa di emarginare le domande che ci lasciano muti e che comunque scopriamo presenti in noi e non per vezzo? Delegittimare la portata delle questioni solo perché da se stessi non si riesce ad offrire risposte “sensate” non è serio.

 

Don Giovannino

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