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“Se dovessi scrivere una dottrina morale, il libro avrebbe 100 pagine e 99 sarebbero bianche. Sull’ultima, però, scriverei: conosco un unico dovere, il dovere di amare”.
Queste parole non Queste parole non sono tratte da un libro sacro, ma dagli scritti di Albert Camus. Esse definiscono bene il fine vero di ogni esistenza. Stringi, stringi, anche per la ragione, non c’è niente di più grande dell’amore donato e ricevuto. Il resto ha valore soltanto se contribuisce a sviluppare nel cuore dell’uomo l’accoglienza, il rispetto, l’aiuto per il prossimo. Se si disattende questo precetto, a prevalere saranno gli atteggiamenti negativi e cioè l’invidia, la gelosia, l’egoismo, la divisione. La convivenza verrà condizionata dai comportamenti conflittuali che andranno a scapito della solidarietà, dell’accettazione dell’altro e dell’apertura a un corretto pluralismo culturale e religioso.
Per noi cristiani, poi, c’è una motivazione ancora più decisiva perché ci decidiamo a rispettare con coerenza questo precetto. Nel vangelo, Gesù ci raccomanda di accogliere tutti alla maniera di Dio. Come fa Dio, anche noi dobbiamo amare le persone, senza limitazioni. Si è cristiani nella misura in cui ci disponiamo ad accogliere senza pregiudiziali quanti incrociano la nostra esistenza ovunque ci troviamo, senza mai domandarci se ne vale la pena, oppure se conviene.
Viviamo ormai immersi nel clima del Natale. Le luci, i festoni, gli alberi e i presepi creano un’atmosfera di festa del tutto particolare. Lasciamoci afferrare da queste suggestioni che hanno radici lontane e che conducono a Betlemme, alla grotta in cui il Figlio di Dio nasce alla vita nostra dal grembo di Maria. Ringraziamo Dio perché si è ricordato di noi offrendoci in dono Gesù e sforziamoci, a nostra volta, di farci dono per gli altri. Perché il Natale, senza l’amore, è come una sorgente senza acqua, parvenza di gioia che però non scalda il cuore.
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