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Cultura di pace
 

Nei suoi oltre duemila anni di storia il cristianesimo si è dovuto confrontare e spesso scontrare con innumerevoli problemi e ostacoli; ha affrontato un cammino tortuoso e spesso in salita, contrassegnato dalla ricerca di un punto d’incontro con le visioni del mondo e della vita che differiscono da quella cristiana. In particolar modo, all’indomani del secondo conflitto mondiale, si è avvertita l’esigenza di portare avanti un intenso dialogo interreligioso che mettesse in evidenza i caratteri comuni delle diverse fedi religiose, ma che allo stesso tempo ne mantenesse vive le peculiarità. Tutto ciò per giungere ad una convivenza serena, segnata dal rispetto per il prossimo, nei suoi diritti e nei suoi beni e da rapporti costruttivi tra popoli e nazioni. La Chiesa di Roma, a partire dal Concilio Vaticano II, si è fatta promotrice di una “cultura di pace”; un’impresa certo non facile, intralciata da guerre, razzismo, discriminazioni, intolleranze religiose, che rendono alquanto difficile la convivenza pacifica di culture e fedi diverse. Un propugnatore della “cultura di pace”, attraverso il dialogo e il confronto, è stato Giovanni Paolo II; la sua azione si è esplicata nella creazione di documenti ed encicliche e nel promuovere incontri con i rappresentanti delle varie religioni, così da dimostrare che il valore dell’amore annunziato dal Vangelo era, ed è tutt’oggi, il mezzo per superare le barriere di odio tra i popoli. Ebbe a dire un giorno lo stesso Papa Wojtyla: “La coesione sociale e la pace non possono essere raggiunte cancellando le peculiarità religiose di un popolo, gli sforzi attuali per un dialogo interculturale ed interreligioso lasciano intravedere una prospettiva di unità nelle diversità”. L’intento di Giovanni Paolo II è stato quello di comunicarci che occorre ricercare l’unità e la pace nel rispetto della dignità, della cultura, della fede di ogni popolo; le differenze non devono essere viste come barriere che separano gli uomini, ma come fonte di arricchimento reciproco. Nella nostra esperienza quotidiana dobbiamo farci portatori di uno stile di vita aperto all’accoglienza del diverso per trovare punti d’incontro e poter accantonare odi, rancori e soprattutto i pregiudizi. Le religioni, rivelatesi spesso forti mezzi di separazione tra i popoli (soprattutto per quanto riguarda l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam), necessitano di un continuo dialogo che potrà essere portato avanti solo quando da parte di tutti ci sarà un attento esame di ciò che gli esseri umani hanno in comune e ciò che li spinge a vivere insieme lo stesso destino. Tutti gli uomini delle varie religioni, infatti, attendono risposta alle domande e ai grandi interrogativi che ieri come oggi generano turbamento: il senso della vita, il peccato, la morte, l’aldilà… Solamente quando tutte le genti riconosceranno di essere accomunate dalla ricerca della soluzione di questi enigmi, si potrà convivere nella pace, nell’amore e nel rispetto dei fratelli di diversa religione così da accostarsi ad essi come ci si accosta al Signore, perché “Chi non ama non conosce Dio” (1Gv 4,8).

 

Stefano Mais

 
  Credo
 

Multiculturalità. Credo che ce ne sia un gran bisogno. Credo che diverso non significhi nemico, estraneo. Credo che ci si possa ritrovare negli occhi di qualsiasi altro uomo, poiché ogni uomo ama, soffre, piange, prega, urla, ride. Credo ci sia sempre qualcosa da imparare e rispettare, ma non necessariamente da condividere. Credo in un mondo dove le differenze arricchiscono la vita e il modo che abbiamo di guardarci attorno. Credo che i libri siano una finestra sugli uomini di ogni paese, di ogni nazione, una finestra su anime e abitudini, su leggenda e tradizione. Credo nelle grandi città cosmopolite dove, nello scorrere frenetico di milioni di vite, si scorgono colori, profumi e lingue così diverse, tanto da chiedersi come sia possibile. Credo che se non si è disposti al confronto, dalla vita non si prenderà mai il massimo.
Credo che la paura del diverso sia un limite alla “piena esistenza”, perché dobbiamo sentire tutti i profumi, vedere tutti i colori, assaporare tutta la musica, respirare tutto quello che il mondo ci dona. Credo che l’indifferenza sia uno dei maggiori problemi di questo mondo, come i pregiudizi che odorano di paura e di intolleranza. Credo in una società aperta, che diffonda le possibilità di comunicazione tra culture. Credo al fascino straordinario dell’uomo che pur essendo uguale… è sempre diverso; ne è la prova questo mondo fatto di contraddizioni e diversità. Il bello è nell’interpretazione che si ha della vita. Credo che sia impossibile rinunciare a tutto questo e mi chiedo perché non uniamo i nostri sforzi per rendere possibile la multiculturalità.

 

Maura Zara

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