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Come una domenica d'estate
 

2 febbraio 2007, Catania-Palermo, il derby siciliano anticipo della 22ª giornata di A, finito 1-2, ha scritto un nuovo capitolo nero del calcio italiano. Un agente del reparto mobile della Questura di Catania muore durante gli scontri tra forze dell'ordine e tifosi. La vittima era l'ispettore capo Filippo Raciti di 38 anni che ha lasciato la moglie e due figli in tenera età. Il mondo del pallone smette di girare. Prima domenica di febbraio come una domenica d’estate: niente gol, niente moviole, microfoni spenti e stadi chiusi. Tra amici non si parla di gol da cineteca, azioni spettacolari, vittorie o sconfitte più o meno meritate della domenica calcistica, ma si respira un' aria diversa, tesa, ci si interroga su ciò che è accaduto quella fatidica notte, ci si chiede se è stato giusto fermare tutti i campionati (anche quelli giovanili), ma la domanda principale è: “come guarire il calcio?” La sospensione a tempo indeterminato di tutti i match non basta, ciò che serve sono i fatti. La FIGC e il CONI si mettono subito a lavoro; anche il governo avverte l’esigenza di agire prontamente e prepara i lavori del consiglio dei ministri straordinario che dovrà varare un decreto legge con nuove e più efficaci norme di sicurezza. Partono i controlli: si scopre che la maggior parte degli stadi non è a norma, che le precedenti disposizioni di legge circa la sicurezza erano state ignorate o solo parzialmente applicate, emerge una verità scottante della nostra società: “la peggior gioventù”; giovani che arrivano addirittura all’omicidio per il “dio pallone”. Questa situazione assurda ma attuale esige un cambiamento, così come l’intero sistema calcistico che evidentemente non trasmette messaggi di sano sport, ma si basa su un agonismo esasperato e su rivalità esagerate che portano all’odio dell’avversario e non al rispetto reciproco. A diverse settimane dall’accaduto si è ripreso a giocare, con numerose differenze: solo gli stadi a norma possono ospitare l’intero pubblico, in altri vi possono accedere solo gli abbonati, in altri ancora i lavori sono molto lenti; insomma il mondo del calcio italiano è tutt’oggi un cantiere aperto. Prende il via ora un periodo di cambiamenti che ci auguriamo porti sostanziali modifiche a livello di ordine pubblico, societario e organizzativo, ma che soprattutto faccia sì che il calcio possa trasmettere veri valori, tanto cari a chi crede che questo sport possa ancora regalare un caleidoscopio di emozioni.

 

Stefano Mais

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