Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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Sono tante, oggi, le coppie (e i singoli) che scelgono di stipulare una assicurazione sulla vita per garantirsi una vecchiaia meno difficile. Vogliono proteggersi dal rischio di trovarsi con finanze insufficienti a fare fronte alle esigenze della vita quando si ritroveranno anziani. In previsione di un bene futuro accettano di sacrificarsi ora che ne hanno la possibilità, risparmiando e versando annualmente una somma, magari anche ingente, così da maturare col tempo un capitale che consenta maggiore serenità quando ne avranno più bisogno.
Per ora, essi non godono di alcun vantaggio, né possono appoggiarsi ad alcun altro riscontro al di fuori della serietà e della solidità dell’ente assicurativo con la quale hanno firmato la polizza e alla quale consegnano i propri risparmi. Naturalmente non possiedono certezze nemmeno sulla bontà dell’operazione che hanno firmato. Chi, infatti, può certificare che la società assicuratrice, col passare degli anni, non fallirà? Chi può garantire che non si andrà incontro a una grave crisi economica o a una inflazione in grado di annullare il valore dei capitali investiti?
Per il momento essi devono fidarsi e sperare che la liquidità messa da parte risulti sufficiente, quando maturerà il tempo della riscossione. Se aveva senso avventurarsi in tale operazione, non lo si può dire al momento della stipula, ma soltanto quando l’evento avrà luogo, cioè quando la somma verrà materialmente riconsegnata ai legittimi proprietari. D’altronde è anche vero che non hanno alternative. Se domani vorranno fare affidamento a una integrazione sulla pensione, non possono se non procedere per questa strada. Il fatto poi che essi, anno dopo anno, rinuncino a una parte delle loro entrate in vista di un futuro più sereno, necessariamente incide anche sul loro stile di vita, sui consumi che, ovviamente, vengono ridimensionati e, perfino, sui loro rapporti di coppia. Quella decisione, di fatto, impone delle scelte finalizzate al conseguimento di quell’obiettivo, rimodula la loro esistenza e li induce a vivere aperti alla speranza di potere, un giorno, conseguire il bene prefissato. In tutti i casi essi, consapevolmente, mettono in gioco se stessi e i loro risparmi convinti della bontà della scelta fatta. Nel loro cuore potranno sorgere dubbi, perplessità e timori, ma dentro di sé sapranno sempre di avere agito in piena autonomia e libertà, e continueranno a coltivare la speranza che un giorno il progetto si realizzerà. Conducono la loro esistenza dentro il contesto in cui vivono, senza però mai distogliere la mente dai loro obiettivi, convinti che non è possibile costruire futuro senza assumere posizioni responsabili. Il loro modo di vivere, in tutti i casi, non può essere ritenuto causa della decisione presa, ma soltanto conseguenza.
Anche il cristiano credente segue un percorso interiore analogo. Abbraccia la fede riponendo la propria fiducia in Dio e vive nella speranza della vita eterna. Pure in questo caso, la scelta fatta si incarna nella vita, inducendo ad assumere uno stile di vita fondato su valori e modalità ben definiti che spingono verso certi comportamenti e non altri. Anche per il cristiano perciò la fede non può essere definita a partire dal modo in cui vive, perché questo è effetto, non causa. Nel caso precedente, la coppia avverte che il pensiero della vecchiaia merita di stare al centro del pensare e dell’agire, e il credente, a sua volta, accoglie dentro di sé il Mistero perché sente che soltanto così la speranza diventa sensata. La ragione non viene messa da parte. Al contrario, le viene chiesto di non isolarsi dalla domanda su Dio e di non opporsi all’”uomo spirituale” che ha deciso di riporre la propria fiducia in una dimensione di verità che va oltre. Il credente naturalmente è consapevole che la verità da lui accolta è una sorta di polizza che si attuerà soltanto alla fine dei tempi. Platone sosteneva che chi non è disposto a riflettere sulla questione “Dio” che – se fosse vera – diventerebbe l’unica cosa a contare veramente, è persona miserevole. Questa però è filosofia. La fede del cristiano è ancora altro. E’ la coscienza che il Verbo di Dio si è fatto uno di noi perché a nostra volta potessimo riscoprire la nostra vera identità di figli. I cristiani credono in Dio “non per un qualche interesse o per diventare più buoni, ma semplicemente perché esiste. Ed è dalla sua esistenza che tutto acquista un senso” (Robert Spaemann).

 

Don Giovannino

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