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Catechismo: che noia!
 

Tutto va relativamente bene quando si è ancora nell’età della fanciullezza (all’incirca, nel periodo delle elementari). Per i primi quattro anni la disponibilità personale a partecipare agli incontri di catechesi è buona. Le cose cambiano radicalmente una volta che i ragazzi giungono all’età della preadolescenza e varcano il portone della scuola media. Allora il numero di coloro che vengono perché obbligati dai genitori o dalle consuetudini (c’è da fare la cresima) cresce a dismisura. Le cause, ovviamente, sono molteplici. Ci sono le resistenze legate ai processi di crescita, ai condizionamenti che si creano all’interno degli stessi gruppi di ragazzi, forse la difficoltà dei catechisti di adeguarsi alle nuove attese ed esigenze. Sta di fatto che all’interesse subentra la noia. All’attenzione le battutine, gli scherzi e le prese in giro, con il risultato che fare catechismo diventa pressoché impossibile. La capacità di ascolto e, soprattutto, di riflessione, si abbassa notevolmente. La testa incomincia ad essere altrove, tanto che non si vede l’ora di aver finito per rituffarsi nel proprio gruppo e per incontrare magari l’amichetto o l’amichetta.
Che dire? Ci si potrebbe tranquillizzare ricordando che questo comportamento è diffuso, a quell’età, anche tra i banchi di scuola. Quanti insegnanti, pur preparati e con una lunga esperienza didattica alle spalle, trovano arduo tenere gli alunni attenti, interessati e tranquilli? Non credo neppure che la responsabilità vada addossata alla famiglia anche se ritengo che in certi casi il disinteresse e la negligenza dei genitori sono evidenti.
Si dovrebbe essere capaci di individuare stimoli di tutti i tipi: filmati, giochi, disegni, animazioni, confronto con la realtà. Qualcuno dei catechisti ci riesce, altri invece non riescono ad uscire dallo schema classico: spiegazione e compilazione della scheda e nient’altro. Occorre, credo, pazientare e comprendere. I ragazzi dovrebbero apprezzare il fatto che ci siano delle persone che hanno accettato un compito niente affatto facile che richiede tempo ed energia e che viene svolto nella più assoluta gratuità. E poi, proprio perché si sta crescendo, è bene che ci si abitui ad affrontare anche ciò che non è piacevole e divertente, altrimenti si rimane sempre bambini, e c’è il rischio che si cresca accettando solo ciò che piace e non ciò che è utile.
Agli educatori, poi, non mi stancherò mai di ripetere: amate i vostri ragazzi, anche quando assumono atteggiamenti da ribelle e danno l’impressione di non essere più interessati a niente. I genitori, infine, sarà bene che diventino più attenti a seguire con discrezione i processi di crescita dei loro figli, senza abbandonarli a se stessi e senza banalizzare le loro difficoltà.

 

D. G.

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