Diocesi di Ales - Terralba
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COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI
"Venite benedetti del Padre mio."
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».Dal Vangelo secondo Matteo Mt 25,31-46
Una scena potente, drammatica, detta del “giudizio universale”, ma che in realtà è lo svelamento della verità sulla vita, su ciò che rimane quando non rimane più niente: l’amore.
Il vangelo mette in scena una domanda antica quanto l’uomo: cosa hai fatto di tuo fratello? La Parola di Gesù offre in risposta sei opere ordinarie, poi apre una feritoia straordinaria: ciò che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me! Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini, da giungere a identificarsi con loro: l’avete fatto a me! Il povero è come Dio, è corpo e carne di Dio. Il cielo dove il Padre abita sono i suoi figli.
E capisco che a Dio manca qualcosa: all’amore manca di essere amato. È lì nell’ultimo della fila, mendicante di pane, di casa, di affetto: i suoi piccoli li vuole tutti dissetati, saziati, vestiti, guariti, consolati. E finché uno solo sarà sofferente, lo sarà anche lui.
Davanti a questo Dio resto incantato, con lui mi sento al sicuro. E così farò anch’io, mi prenderò cura di un fratello, lo terrò al sicuro al riparo del mio cuore.
Mi è d’immenso conforto sentire che l’argomento ultimo e decisivo non sarà il male che abbiamo commesso, ma il bene; lo sguardo del Signore non si posa su peccati, debolezze o difetti, ma sui gesti buoni, sulle briciole di gentilezza, sui bicchieri d’acqua donati.
Le bilance di Dio non sono tarate sul male, ma sulla bontà; non pesano tutta la nostra vita, ma solo la parte buona della nostra storia.
In principio e nel profondo, alla fine di tutto non è il male che revoca il bene che hai fatto, è invece il bene che revoca, annulla, sovrasta il male della tua vita. Sulle bilance del Signore una spiga di buon grano pesa più di tutta la zizzania del campo.
Gesù mostra così che il “giudizio” è divinamente truccato, è chiaramente parziale, perché sono ammesse sole le prove a discarico. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (Giovanni della Croce), non su colpe o pratiche religiose, ma sul laico, umanissimo addossarci il dolore dell’uomo.
La via cristiana non si riduce però a compiere delle buone azioni, deve restare scandalosa, deve stagliarsi sull’orizzonte della storia, andare controcorrente, essere provocatoria nel riaffermare che il povero è il cielo di Dio! Di un Dio innamorato che canta per ogni figlio il canto esultante di Adamo per la sua donna: “Veramente tu sei carne della mia carne, respiro del mio respiro, corpo del mio corpo”.
Poi ci sono anche quelli mandati via. La loro colpa? Hanno scelto la lontananza: lontano da me, voi che siete stati lontani dai fratelli. Non hanno fatto del male ai poveri, non li hanno umiliati o derisi, semplicemente non hanno fatto niente per loro. Omissione di fraternità. Indifferenza. Distanza. Glaciazione delle relazioni.
Al contrario il vangelo traccia la strada buona: tu ti prenderai cura! Metterai cuore e mani sulla fame e sulla sete, sul dolore e sul naufragio di qualcuno. Senza, non c’è paradiso.
padre Ermes Ronchi
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Una sola famiglia, cibo per tutti: è compito nostro
La Chiesa italiana aderisce alla campagna di Charitas Internationalis e lanciata da papa Francesco per dare voce a tutti coloro che soffrono silenziosamente la fame.
Si può firmare l’appello che sarà presentato all’Onu per chiedere una legislazione più attenta al diritto al cibo per tutti
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2 novembre
