Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Ora siamo tutti più poveri!
 

L'ultimo mercoledì e giovedì d’Agosto chi potrà dimenticarli? Sono i giorni nefasti che hanno visto la distruzione di un patrimonio, di una ricchezza che era di tutti e per tutti e spandeva ossigeno e resina profumata … le pinete, bellezza per gli occhi di chi sapeva coglierla, incanto per noi e per il forestiero che fin dai tempi lontani ne apprezzava la salubrità e la bellezza. Generazioni di bambini hanno curato la pertosse, le malattie respiratorie giocando fra i pini. Le pinete, sognate e volute da un sindaco che amava il suo paese e la sua gente e prendeva a cuore le loro necessità. Si adoperò per la costruzione di tre abbeveratoi così ben dislocati e per il progetto del Lavatoio a beneficio delle donne che dovevano andare lontano a lavare i panni: Narti, Leni, Seddanus … La sorgente più vicina, quando era a secco il Rio Fluminera, era Sa Mizza Manna dove l’acqua per qualche sua segreta proprietà era calda ma anche infestata dalle sanguisughe utili per un naturale salasso ma intanto si nutrivano del sangue delle povere lavandaie! Il progetto del Lavatoio fu ostacolato dal Consiglio Comunale ma, grazie alla solidarietà della popolazione che fece calare i costi di costruzione, offrendo le sue mani e i suoi attrezzi, l’opera si realizzò. E fu così che le donne per quasi un secolo, fino all’arrivo delle lavatrici, lavarono i panni al coperto e non lontano da casa. L’ultimo progetto del lungimirante sindaco fu quello di ricoprire di pini le pendici dei monti, al che il senatore Loru obiettò: “Perché proprio pini e non querce? … i pini non danno frutti”. Il sindaco Uras – Pinna chiarendo il suo pensiero rispose: “Sono belli, puliscono l’aria, fermano l’acqua e non sono buoni per bruciare nelle fonderie. Voi avete lasciato distruggere le foreste e io voglio piantarle di nuovo”. E ora tanto lavoro è andato distrutto da mani assassine! E qui ricordiamo quei pini messi a dimora e in parte curati e innaffiati dagli scolari dell’epoca. Oggi i discendenti di quei bambini hanno, con pompe e vanghe, contrastato il fuoco che lambiva le loro abitazioni. Non voglio qui dare giudizi o indagare sui moventi di tanta distruzione perché non c’è nulla che possa giustificarla. Mi permetto solo alcune considerazioni che sono di tutti gli anziani: i caprai con le loro greggi non sono più i difensori dei boschi, i Forestali non abitano più in montagna, mancano le fasce frangifuoco, se si pulisce il sottobosco si lasciano i cumuli della macchia sul posto, si lascia la dighetta di Coxinas a secco, i benemeriti campi scuola non si fanno più e non si puliscono i canali. Si spera anche in una più sollecita riparazione dei piccoli guasti. Un anno fa crollava un pezzetto del ponte-curva sotto il cimitero, per la cui riparazione sarebbe bastato solo un giorno di lavoro, ma non ponendovi riparo la frana si è allargata e, giustamente, si è chiuso il passaggio per quella strada creando grave disagio per chi abita e lavora in zona, costringendo gli automezzi a lunghi giri. Ora è tempo non solo di bilanci ma di progetti di risanamento e auguriamo all’Amministrazione, ai tecnici e studiosi del terreno, Enti, Associazioni e volontari competenza, coraggio e impegno costruttivo, mentre il nostro pensiero va trepidante agli abitanti di quelle zone più a rischio che l’incendio ha privato di serenità e tranquillità quotidiane. E pregando con il Salmista diciamo al Creatore: “O Signore Nostro Dio quanto è grande il Tuo Nome su tutta la terra”. “Che cosa è l’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, gli hai dato potere sulle Opere delle Tue Mani … E questo potere noi possiamo usarlo nel Bene e nel male. Usiamolo nell’impegno a difendere e amare il Creato che Dio ci ha affidato!

 

Mariolina Lussu

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