Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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L'ultima cena

L'affresco “L’Ultima Cena” raffigurato nella parte sinistra dell’abside della parrocchia è stato eseguito da un ignoto pittore, “internato” (o “confinato”) austriaco nel 1917. Nel corso della Prima Guerra Mondiale la Sardegna mandò numerosi suoi figli al “fronte” a combattere l’interminabile guerra di trincea. Ma in Sardegna arrivarono anche migliaia di prigionieri del regno austro-ungarico e sudditi che abitavano in Italia, a Bari, Foggia, Lecce, Napoli. L’isola de L’Asinara fu trasformata in un enorme ospedale realizzato con tende. La reazione dei sardi verso questi soldati fu, in genere,di aperta ostilità. Da un rapporto della Prefettura di Cagliari si evince che il numero degli internati presenti nella provincia di Cagliari era di 614 unità, di cui 214 nel Circondario di Cagliari, 88 in quello di Iglesias, 163 in quello di Lanusei e 158 in quello di Oristano. I sardi, solitamente ospitali verso i forestieri, espressero la loro ostilità che si tramutò, a volte, in aperto odio come quando si seppe dell’affondamento di alcuni piroscafi italiani da parte di sottomarini austriaci. In diversi centri dell’isola ci furono delle vere e proprie sommosse, come a Tiesi dove il parroco fu costretto ad abbandonare il paese a seguito dei tafferugli avvenuti. L'ultima cena
Nel 1916 giunsero in Sardegna due ispettori per verificare le condizioni dei confinati. Quelli girarono l’isola recandosi nei centri dove si trovavano confinati e ascoltarono i loro reclami.
I confinati residenti a Villacidro dovettero trovarsi sostanzialmente bene, stando a quanto scrive un contemporaneo, Luigi Cadoni. Questi, in una lettera al fratello Paolo, datata 4-8-1917,e spedita da Villacidro, così scrive: «In paese abbiamo qualche novità. Già da un paio di settimane sono arrivati fra noi un centinaio di prigionieri di guerra austriaci, mandati dal governo per rimediare un po’ alla mancanza di mano d’opera. Sono accasermati nei locali delle scuole e vanno a lavorare dai privati, che li retribuiscono un tanto per ora, cent.20, credo. Zio Giuseppe Pinna ne tiene occupati una dozzina in Aletzi ed è soddisfatto della loro opera. Federico Barbarossa, i calzolai Sanna e Murru, Giuseppino Collu e altri si valgono pur essi dell’opera di queste buone lane di austriaci. Così, mentre al fronte, italiani e austriaci si guardano in cagnesco ed a vicenda si ammazzano, qui si vive assieme come tanti fratelli, immemori quasi della guerra, dando così a vedere che, alla fine, siamo tutti primigenie di Adamo, fratelli tutti in Gesù Cristo!»
Uno di questi soldati, di cui si ignorano le generalità, dipinse la parete dell’abside con L’Ultima Cena dai tratti leonardeschi. Quest’avvenimento dimostra, tra l’altro, l’atteggiamento dei dei sacerdoti del tempo verso i prigionieri, atteggiamento improntato a simpatia e ospitalità. In altri comuni, invece i confinati austro-ungarici erano sospettati di essere gli autori degli incendi che devastarono il territorio. Scriveva a tal proposito L’Unione Sarda (1917): «Mentre il nostro popolo vive ore di trepidanti attese per le vicende dell’offensiva austro-ungarica e la Sardegna partecipa di questa passione e di questa fede, internati, favoriti nella loro propaganda d’odio e di vendetta dalle condizioni di scarsa cultura delle nostre popolazioni rurali, speculano sul dolore delle madri, delle famiglie che hanno immolato i propri cari sull’ara della patria, sulla mancanza delle derrate, sul rincaro del costo della vita».
In mezzo a quest’atteggiamento contraddittorio la residenza degli internati si trascinò fino ai trattati di pace stipulati alla fine del conflitto, allorquando abbandonarono la Sardegna per far ritorno nei paesi d’origine.

Gian Paolo Marcialis

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