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1931: la Chiesa Sarda in difesa dell'Azione cattolica

In Sardegna, tra fine maggio e primi di giugno, si levò un’ondata di protesta che culminò in episodi di violenza e incidenti, anche di una certa gravità, che si registrarono a Iglesias, Villamassargia, Cagliari, Nuoro e in altri centri ancora, provocando l’immediata reazione di alcuni vescovi e dello stesso Episcopato sardo che manifestò la propria protesta in una Lettera collettiva del 12 giugno 1931. Una missiva che «non mancava di un certo coraggio»; una lettera che, «con tono moderato, ma fermo e deciso, ricorderà “la dignitosa protesta del Santo Padre” e il dovere di ubbidire alla sua volontà, dando le istruzioni per la continuazione dell’opera di apostolato tra i giovani». Emerge, inoltre, il rammarico per quella libertà d’associazione loro negata e che invece poteva essere utilizzata per il bene della res publica. «Il rammarico – commenta Raimondo Turtas – era ben esplicito, ma tra le righe si poteva cogliere anche una sfida al partito apparentemente onnipotente: i cattolici, infatti, rifiutavano di lasciarsi intruppare ed esigevano di essere “lasciati in libertà” di agire secondo le loro proprie convinzioni». Qualche settimana dopo, il 5 luglio, Pio XI promulgò l’enciclica Non abbiamo bisogno, nella quale il pontefice da un lato confutava gli argomenti addotti dal fascismo per giustificare lo scioglimento dell’Azione cattolica e dall’altro difendeva la presenza della Chiesa nell’educazione della gioventù.
La composizione della vertenza sull’Azione cattolica si chiuse con l’accordo tra Stato e Santa Sede firmato il 2 settembre del 1931. Tale accordo, come scrive Francesco Atzeni, «apriva un lungo periodo nei rapporti tra Chiesa e fascismo, anche a livello locale, nel quale, nel generale clima di consenso del paese, si realizzava una tranquilla convivenza col regime, che assumeva in varie occasioni, in alcuni campi, forme di aperta collaborazione».
Gli anni Trenta sono anche quelli in cui i vescovi dell’Isola si distinsero maggiormente per il sostegno dato all’Azione cattolica e per la diffusione della sua organizzazione nel territorio. Tra i vescovi che emersero più di altri nella promozione dell’Associazione ci furono mons. Piovella a Cagliari e mons. Arcangelo Mazzotti a Sassari. Particolarmente lodevoli anche gli sforzi di mons. Francesco Emanuelli, nella piccola diocesi di Ales, «per dare impulso alla Azione Cattolica, tentando di vincere le particolari difficoltà che essa incontra per la eccentricità della sede vescovile, per le disagevoli comunicazioni, e per la mancanza di tutti quei vantaggi che offrirebbe l’ambiente di una anche piccola città, che noi non abbiamo». Ad ogni modo, l’Azione cattolica, già dal 1936, era presente in tutte le foranie, in 18 centri abitati su un totale di 43 tra paesi, frazioni e villaggi che facevano parte della diocesi.

Martino Contu

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