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Beata Caterina Cittadini

Nacque a Bergamo il 28 settembre 1801 da genitori da poco immigrati da Villa d’Almè, cittadina della provincia, nella speranza di una sistemazione economica migliore.
A sette anni gli erano già morti i due genitori e rimase sola con la sorellina Giuditta di cinque anni. Le due sorelle furono ricoverate nell’orfanotrofio del Conventino, fino alla maggiore età e in quell’Istituto Beata Caterina CittadiniCaterina Cittadini si diplomò maestra nel 1823.
Fu invitata da due cugini sacerdoti Giovanni ed Antonio Cittadini, a trasferirsi presso di loro nel paese di Calolziocorte (BG) e nello stesso anno iniziò ad insegnare nella scuola elementare del vicino paese di Somasca di Vercurago, molto noto per il Santuario di San Girolamo Emiliani e per la Casa Madre dei Somaschi. La sua sete di operare il bene, non si limitò all’educazione e all’insegnamento nella Scuola Comunale. Coadiuvata dalla sorella Giuditta, aprì a Somasca una scuola gratuita per fanciulle povere, una scuola festiva gratuita, seguita da un educandato e da un orfanotrofio. Alcune delle sue ex allieve rimasero con lei per dedicarsi all’educazione delle fanciulle povere e per insegnare il catechismo, mettendo a disposizione la loro ricchezza spirituale, le loro energie fisiche, la loro ansia di apostolato. Da questo nucleo di giovani maestre sorse il nuovo Istituto delle Orsoline di Somasca. A 37 anni, nel 1840, morì l’amatissima sorella Giuditta, valido sostegno nella sua opera di apostolato, il dolore per la perdita è atroce, ma sorretta da una fede incrollabile, Caterina accetta la volontà di Dio e gli si affida con un maggiore abbandono. Scrive le Costituzioni del nuovo Istituto e le presenta al vescovo di Bergamo, mons. Luigi Speranza negli anni 1854-1855, ma furono approvate sette mesi dopo la morte di madre Cittadini, avvenuta il 5 maggio 1857. Anima profondamente umile e semplice, si rivelò educatrice sapiente e illuminata, rivalutando in chiave moderna e femminile, l’istituzione tipicamente lombarda dell’oratorio festivo parrocchiale, sull’esempio di San Carlo Borromeo e di San Girolamo Emiliani. La sua opera divenne di diritto pontificio nel 1917, diffondendosi fuori della diocesi di Bergamo in Italia e America Latina. I processi che hanno portato alla sua beatificazione, si sono aperti il 12 gennaio 1979. E’ stata beatificata il 29 aprile 2001 da papa Giovanni Paolo II.


Beato Nunzio Sulprizio

Tutta l’esistenza di questo giovane fabbro pescarese fu segnata dal dolore e dalla sofferenza che, con fiducioso abbandono alla volontà di Dio, visse con pazienza e serenità. Nacque a Pescosansonesco, in provincia di Pescara, il 13 aprile 1817. Ancora bambino perse, a breve distanza l’uno dall’altra, entrambi i genitori. Fu la nonna materna ad accoglierlo nella propria casa. Quando però Nunzio aveva nove anni, anche la nonna morì. Il fratello della madre, allora, lo prese con sé come garzone nell’officina di fabbro ferraio. Il lavoro si rivelò ben presto troppo pesante per quel gracile fanciullo. Una dolorosa malattia alla tibia della gamba sinistra lo costrinse, a Beato Nunzio Sulprizioquattordici anni, a un ricovero di tre mesi presso l’ospedale dell’Aquila. Rientrato a casa riprese il lavoro in officina, ma le sue condizioni di salute non gli consentirono di proseguire. Un altro suo zio, lo invitò a Napoli dove fu ricoverato nell’ospedale degli Incurabili, grazie all’interessamento del colonnello Felice Wochinger che prese ad amarlo come un figlio. L’anno successivo, per curarlo meglio, il colonnello lo portò con sé nel Maschio Angioino, allora adibito a Caserma. Ma anche qui continuarono per il giovane Nunzio disagi e sofferenze, sempre sopportati con cristiana rassegnazione. Nell’autunno del 1835 si era resa necessaria l’amputazione della gamba. I medici, però, dovettero rinunciare a causa dell’estrema debolezza del ragazzo. Il male, così, continuò a progredire procurandogli dolori indicibili e qualche mese dopo, il 5 maggio 1836, morì. Aveva diciannove anni. La sua salma rimase esposta per ben cinque giorni all’omaggio di quanti erano a conoscenza della sua via crucis. Pio IX lo dichiarò venerabile, Leone XIII lo propose come modello alla gioventù operaia e Paolo VI, il 1° dicembre 1963, lo dichiarò beato durante i lavori del Concilio Vaticano II. Le sue spoglie si trovano a Napoli, dove la venerazione per il giovane beato continua ininterrotta.
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