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Perchè si arriva a tanto?...

Un vantaggio indubbio dei mezzi di comunicazione – radio, televisione, stampa e perché no, internet – è quello di avere ridotto drasticamente il divario tra vissuto e quanto di esso si conosce. E questo non tanto per quanto riguarda il bene, che comunque continua a non essere mai abbastanza messo in luce, ma per quanto accade di più deleterio e squallido nella quotidianità. Peccato che accanto a questo aspetto ne sia sopraggiunto un altro ancora più preoccupante per le conseguenze che ne derivano. Infatti, appare assodato che il male quanto più lo si evidenzia, tanto più cresce e si sviluppa come se le fasce più vulnerabili si sentissero incoraggiate ad emularlo. Perchè si arriva a tanto?...Quello che maggiormente sconcerta e lascia attoniti ed esterrefatti, oltre agli atti di bullismo, alla mercificazione del proprio e dell’altrui corpo, alla violenza nei confronti dei più deboli, agli atti vandalici del tutto insensati, è la situazione di smarrimento, di penosa carenza e di vuoto educativo che oggi accompagna la crescita di bambini, ragazzi e adolescenti. Chi non riconosce che picchiare un ragazzo disabile è atto di vigliaccheria e di meschinità e che filmarne il pestaggio e mandarlo in rete è azione ancora più grave? Cosa pensare della microcriminalità sempre più diffusa che vede protagonisti minorenni che, sia a scuola che in altri ambienti distruggono, taglieggiano, minacciano, banalizzano la propria e altrui dignità con comportamenti volgari e impensabili? Eppure a leggere la cronaca e a sentire i dibattiti, incredibilmente si scopre un mondo adulto portato a giustificare, in quanto la società non offrirebbe strumenti, luoghi e progetti educativi idonei a garantire una crescita armonica di questi soggetti. Più che richiamare a comportamenti responsabili e rispettosi, si preferisce attribuire le cause a fattori esterni, anziché addossarne la responsabilità all’individuo e all’educazione familiare. Perché non chiedersi, invece, dove i ragazzi imparano ad essere così violenti e così spregiudicati, evitando di cadere nei luoghi comuni che non danno risposta? E’ chiaro che le devianze sono il risultato di mancanza di educazione, di disagio sociale e forse anche scolastico. Dunque, ad essere direttamente coinvolte sono la famiglia, la società e la scuola. L’eccessiva tolleranza e l’allentamento in campo disciplinare, rendono l’adolescente più vulnerabile al bullismo. E’ evidente che se non si ha un’educazione corretta che miri ai valori della dignità della persona, se l’educatore non orienta la propria testimonianza a far sì che l’individuo non maturi un identico rispetto per sé e per il suo prossimo, non si possono sperare risultati confortanti. Il ruolo primario, ovviamente, è sempre quello della famiglia. Perchè si arriva a tanto?...L’educazione ai sentimenti e ad una sana convivenza nascono all’interno delle mura domestiche. Quando i genitori sono sempre pronti ad accontentare ogni capriccio, quando non responsabilizzano all’impegno, quando non sono capaci di “dire di “no” e non guidano con attenzione il loro tempo libero, lasciandoli in balia di televisione, videogiochi, internet, non si fa prevenzione e quindi si rischia di vedere scivolare i propri figli su strade assai insidiose. Come intervenire? Intanto la si dovrebbe smettere di affermare che quanto accade è dovuto alla mancanza di strutture e luoghi aggregativi dove bambini, ragazzi e giovani possono confrontarsi e condividere attività ricreative, coltivare i propri hobbies e percorsi di impegno positivi. Gli oratori, le società sportive, i gruppi di volontariato e le varie realtà formative (gruppi musicali, teatrali e laboratori vari), non sono scomparsi e dovunque, in tutto il territorio nazionale, risultano vitalmente presenti. La verità è un’altra: purtroppo, sono poco frequentate, nonostante gli sforzi che fanno gli operatori per tenersi aggiornati ed efficienti. E allora? Continuare a lamentarsi, mentre la situazione si sfilaccia sempre di più? Le opportunità a sostegno delle famiglie esistono, e come! Forse, occorre solo prenderne atto, credere nella loro valenza, assumersi maggiormente le responsabilità che sono proprie dei genitori, senza scaricarle e delegarle ad altri.

M.Rita Marras

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