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Servo di Dio Odoardo Focherini

Alle stragi contro gli ebrei vanno affiancate tante figure di sacerdoti, religiosi, laici, che spesero la vita in aiuto ai perseguitati. Alcuni sono già stati proclamati santi come S. Massimiliano M. Kolbe e Edith Stein, altri sono avviati al riconoscimento del loro martirio e della loro santità. Il Servo di Dio Odoardo Focherini è uno di questi. Laico e padre di famiglia, è un modello di generosità e santità. Nacque il 6 giugno 1907 a Carpi (Modena) dove il padre possedeva un negozio di ferramenta, nel quale Odoardo collaborò dopo le scuole elementari e tecniche. Nel 1924, a diciassette anni, fu tra i fondatori de “l’Aspirante”, che divenne mezzo di collegamento nazionale per i ragazzi dell’Azione Cattolica in Italia. Durante una vacanza in Val di Non, Odoardo conobbe Maria Marchesi (1909-1989) della quale si innamorò. Si sposarono il 9 luglio 1930 e dalla felice unione nacquero sette figli. Trovò lavoro nella Società Cattolica di Assicurazioni a Verona, con il ruolo di ispettore. Servo di Dio Odoardo FocheriniIl suo poco tempo libero era dedicato ad attività apostoliche, come conferenze e congressi eucaristici. Si impegnò anche a favore degli scout e degli oratori. Fu per la diocesi cronista presso ”L’Avvenire d’Italia” di cui, nel 1939, divenne amministratore, il direttore era Raimondo Manzini. Il papa Pio XI, nel 1937, gli concesse la croce di Cavaliere di S. Silvestro. Durante la 2^ Guerra Mondiale, Odoardo Focherini organizzò con altri, presso la curia vescovile di Modena e Carpi e presso la sua abitazione di Mirandola, un ufficio di contatto con i soldati al fronte o dispersi. Nel 1942 il direttore Manzini gli affidò l’incarico di mettere al sicuro alcuni ebrei polacchi, giunti in Italia con un treno della Croce Rossa Internazionale. Iniziò così una intensa attività a favore degli ebrei riuscendo a salvarne più di 100. Questa disinteressata, pericolosa attività, svolta per un paio d’anni, gli ha meritato la medaglia d’oro alla memoria, concessa dall’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia. L’11 marzo 1944 si recò in ospedale, dove vi era un ebreo, Enrico Donati, pronto per organizzarne la fuga verso la Svizzera. Scoperto, venne arrestato e trasferito nelle carceri di S. Giovanni in Monte. Solo il 17 marzo, riuscì a comunicare con la famiglia. Le lettere inviate dalla prigionia, furono ben 166 e costituiscono un prezioso documento storico e di conoscenza del suo animo profondamente cristiano e del suo legame con la famiglia. Il 5 luglio 1944 fu trasferito al campo di concentramento di Fossoli (Carpi), e dopo un mese fu deportato a Gries (Bolzano). Qui, come a Fossoli, riuscì a farsi assegnare alla posta e quindi poté fare pervenire qualche lettera ai suoi familiari. Incontrò, poi, l’amico Servo di Dio Teresio Olivelli, ma purtroppo quello che temeva si avverò. Il 5 settembre 1944 ci fu un ulteriore trasferimento a Flossenburg, uno dei più vasti campi di lavoro e di sterminio nazisti. Dopo circa un mese, fu inviato a Hersbruck, uno dei 74 sottocampi di Flossenburg, vicino a Norimberga. Da qui dettò all’amico e compagno di prigionia Teresio Olivelli, che morirà venti giorni dopo di lui, le ultime due lettere pervenute alla famiglia. A causa di una ferita alla gamba che gli procurò una grave setticemia, fu ricoverato nell’infermeria. Odoardo si spense il 24 dicembre 1944. La conferma della sua morte giunse ai familiari e al vescovo della diocesi, solo il 4 giugno 1945, con la testimonianza di due sopravvissuti, un sacerdote e il maggiore dei carabinieri Becciu che raccolse le ultime testimonianze dell’amico comune Olivelli. Il 12 febbraio 1996 la Santa Sede ha dato il nulla osta per il processo diocesano conclusosi il 5 giugno 1998. Gli atti per la sua beatificazione sono ora a Roma presso la competente Congregazione. Una delle poche frasi pronunciate prima di morire fu: “A tutti i miei cari… Dichiaro di morire nella più pura fede Cattolica Apostolica Romana e nella piena sottomissione alla volontà di Dio”.

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