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L'arteterapia

L'arteterapia, una disciplina non ancora riconosciuta dalla legislazione italiana, viene impiegata in medicina, soprattutto nel campo della riabilitazione. Secondo un’opinione molto diffusa, l’arte nella riabilitazione non servirebbe a nulla. In realtà è proprio vero il contrario. Quando una persona si risveglia da uno stato di coma e realizza cosa gli è successo, spesso si destruttura non solo fisicamente, ma anche e soprattutto psicologicamente. Per riaccendere in lui la speranza, per rendere meno faticoso il cammino verso una nuova abilità, è importante che si realizzino alcune condizioni: presenza costante dei familiari; possibilità di esprimersi attraverso le varie forme eL'arteterapia manifestazioni dell’arte. Non è un caso che l’indice d’adesione ad un piano di trattamento, ad un progetto riabilitativo individuale, sia notevolmente più alto se il paziente, oltre che essere circondato dagli affetti più cari (la famiglia e gli amici), venga a contatto con alcune attività artistiche, come la musica, il teatro, la pittura, la poesia, la scrittura, etc. Attività che possiamo considerare e definire come una forma di educazione alla sensibilità e alla percezione, ma anche come una tecnica con valenza psicoterapica e riabilitativa.
«L’ambiente artistico – scrive il dott. Giovanni Maria Sanna in un volume di imminente pubblicazione - non aiuta soltanto i pazienti, ma anche le loro famiglie che partecipano, a pieno titolo, ai programmi di recupero. Quale arte in particolare? Tutte le arti che l’uomo conosce sono utili per innalzare il livello d’adesione ad un progetto. L'atto artistico può favorire l'espressione di sentimenti, conflitti, disagi interiori; può scaricare ansie e tensioni, rendere più coscienti le emozioni veicolate dalle esperienze sensoriali».
Il Centro di Cura e di Riabilitazione “Santa Maria Bambina” di Oristano è stato tra i primi centri in Italia ad impiegare l’arte per integrare il programma di riabilitazione tradizionale. I risultati sono stati talmente sorprendenti, che anche la Rush University di Chicago, negli Stati Uniti, ha manifestato l’interesse di studiare e approfondire l’esperienza maturata in Sardegna e di conoscere i risultati scientifici dell’arteterapia applicata nella cura dei pazienti post coma e di quelli con patologie gravi e invalidanti. Il settore dell’arteterapia è coordinato da due operatori altamente qualificati: Mauro Sarzi e il suo allievo Daniele Sanna. Il maestro Sarzi è un artista poliedrico, con alle spalle una grande esperienza maturata in Italia e all’estero. Egli proviene da una famiglia di burattinai. Eredita, per così dire, il ricco bagaglio di tradizione e di esperienza artistica dei genitori, ma soprattutto del padre Otello, che è stato uno dei più importanti burattinai italiani.
L’impegno dell’arteterapeuta, unito a quello di altri operatori medici e terapisti, spesso porta a dei risultati impensabili all’inizio del trattamento. Come nel caso di Federico, bambino autistico, che ha ripreso, dopo tanto tempo, a dialogare con il mondo, grazie alla musicoterapica, una branca dell’arteterapia. «Come nei casi di autismo grave citati dalla studiosa inglese Uta Frih – scrive il dott. Sanna – anche Federico doveva avere quello che si definisce un “isolotto di capacità”. Nella sua stanza di musicoterapia, al Centro di Cura e Riabilitazione “Santa Maria Bambina”, l’èquipe d’arte musico-terapia iniziò a studiare il comportamento di Federico, il quale si moveva all'interno di quello spazio, per lui nuovo ed insolito. Per terra c’erano dei cembali, un rullante, due bacchette lignee e due congas. Trascorse un po’ di tempo, nel corso del quale sembrava non essere minimamente interessato a ciò che lo circondava. Un bel giorno, però, Federico, tra lo stupore generale, iniziò ad odorare le congas; poi, toccando le pelli di quello strumento musicale, sorrise: registrammo un’espressione insolita nel suo volto. Alla seduta successiva, un arteterapeuta gli prese le mani e lo aiutò a percuotere. Quando lo lasciò solo e vide che, sorridente, continuava a suonare con un ritmo incessante, la meraviglia dell’operatore fu forte. Federico, attraverso il tatto e l’olfatto aveva trovato il suo “isolotto di capacità”».

Martino Contu

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