Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
 
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Servo di Dio Guglielmo Massaia

Nella città di S. Giorgio a Cremano, vi è, tra le altre Ville Vesuviane, la Villa Amirante, sulla cui facciata spicca una lapide che dice: “In questa casa, il cardinale Guglielmo Massaia, si estinse il 6 agosto 1889, dopo lunga vita di apostolato per diffondere la luce della civiltà e della fede nei paesi fino allora inesplorati della barbara Etiopia”. Ospite di amici, aveva soggiornato in questa casa due anni consecutivi in estate, per trascorrere qualche giorno di riposo, che potesse ritemprargli leServo di Dio Guglielmo Massaia forze, dopo i due ictus cerebrali. Assistito dal suo segretario e dal fedele cameriere maltese, si dedicava alla correzione e stesura della sua monumentale opera biografica: “I miei 35 anni di Missione nell’Alta Etiopia”, di cui vide stampati i primi cinque volumi, gli altri sette furono pubblicati dopo la sua morte, l’ultimo uscì nel 1895. Questo grande apostolo missionario, nacque con il nome di Lorenzo Antonio, l’8 giugno 1809, a Piovà d’Asti, oggi Piovà Massaia. Trascorse l’adolescenza sotto la guida del fratello Guglielmo che era parroco. Frequentò come seminarista, il Collegio Reale di Asti e il 6 settembre 1826, indossò il saio dei cappuccini alla Madonna di Campagna presso Torino, cambiando il nome in Guglielmo, lo stesso nome del fratello. Fu ordinato sacerdote a Vercelli il 16 giugno 1832, divenendo negli anni, dal 1834 al 1836, direttore spirituale all’Ospedale Mauriziano di Torino, dove, oltre a diventare confessore del futuro santo Giuseppe Benedetto Cottolengo, ebbe la possibilità di apprendere le nozioni elementari di medicina e chirurgia. Nei successivi dieci anni, insegnò filosofia e teologia nel convento cappuccino di Moncalieri e fu guida spirituale del re Vittorio Emanuele II e del poeta patriota, Silvio Pellico. Nel 1846, il cattolicesimo in Etiopia si era abbastanza diffuso, per cui il papa Gregorio XVI, istituì il Vicariato Apostolico dei Galla, nominando proprio il Massaia a reggerlo. Per questo venne consacrato vescovo a Roma, il 24 maggio del 1846. I Galla o Oromo sono una popolazione dell’Africa Orientale. Guglielmo Massaia lasciò l’Italia il 4 giugno 1846, ma raggiunse la sua Missione solo il 21 novembre 1852, cioè sei anni dopo, pagando un prezzo inaudito di sofferenze. Attraversò otto volte il Mediterraneo, dodici volte il Mar Rosso, tentò per quattro volte di entrare nella blindata Abissinia, dal Mar Rosso, dall’Oceano Indiano e dal Sudan, subì quattro esili e quattro prigionie e per ben diciotto volte rischiò di morire. La sua opera apostolica si può dividere in periodi ben definiti: la Missione dei Galla, 1852-63, la permanenza in Europa, 1864-66, la Missione dello Scioa, 1869-79. Nei suoi 35 anni che caratterizzarono un’epopea missionaria, che lo annovera fra i più grandi apostoli della Chiesa, egli organizzò un clero locale compatto e fedele, compilò un catechismo accessibile ai fedeli e adeguato alla mentalità locale, fondò molte stazioni missionarie in tutto il territorio abissino. Abbinò all’evangelizzazione una vasta opera sociale con la profilassi contro le malattie endemiche come il vaiolo, promosse l’abolizione della diffusissima schiavitù, scrisse di proprio pugno manuali scolastici per favorire l’istruzione. Inoltre, pubblicò in Europa la prima grammatica della lingua Galla, pacificò i contendenti nelle lotte tribali, creò centri di assistenza durante le carestie e le frequenti guerre. Ebbe uno stile di vita poverissimo, si travestì da mercante, viaggiò abitualmente a piedi nudi per sfuggire alla cattura dei nemici, tesseva continuamente relazioni fra i capi africani e Roma e l’Europa, dove tornò cinque volte. Il re Menelik II lo trattenne come consigliere. Tutto questo finché il decreto dell’imperatore Joannes IV, del 3 ottobre 1879, bloccò definitivamente l’azione benefica del vescovo Massaia che dovette firmare una rinuncia il 23 maggio 1880. Papa Leone XIII, suo grande estimatore, lo promosse arcivescovo e poi nel 1884 cardinale, elogiandolo pubblicamente ed esaltando la Grazia di Dio che, di un umile frate seppe farne un esempio missionario, che ispirò successivamente, numerosi fondatori di congregazioni religiose. Il suo corpo dal luogo della sua morte, cioè S. Giorgio a Cremano, con solenni funerali, fu trasportato via Ferrovia a Roma e tumulato nella cappella della sua Congregazione, al Verano. Fu poi, per suo desiderio, trasferito l’11 giugno 1890 a Frascati, nella chiesa dei cappuccini, dov’è tuttora. Nel 1914 ebbero inizio i processi di beatificazione.

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