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Non bastano i sessanta anni della FAO per vincere la fame
       
A Roma la FAO: Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ha celebrato il 60° anno di vita. La FAO nasce il 16 ottobre 1945, dal ’51 ha sede a Roma, conta 183 Stati membri più l’Unione Europea. Nel 1° vertice mondiale del 1996 sancisce il diritto di ogni persona ad avere alimenti sani e nutrienti (!). Si propone entro il 2015 di dimezzare il numero di persone afflitte da denutrizione (825 milioni).

Se si escludono Cina e India che pare stiano migliorando le proprie condizioni di vita, la più arretrata rimane sempre l’Africa: ventisette stati con il più alto grado di natalità e mortalità infantile. Il flagello della fame è originato da varie e gravi cause: fra le tante vi è la cattiva gestione delle risorse naturali, siccità, guerre e guerriglie (ricordiamo la piaga dei bambini-soldato), ignoranza, malattie.
Esemplare è la Nigeria, 6° paese nell’esportazione del petrolio ma solo il 13% dei bambini viene vaccinato. La FAO elenca anche qualche progresso nel problema fame, pare che in sessant’anni si sia ridotta la percentuale di chi è sotto alimentato, ma ancora si registra quasi un miliardo di persone che non hanno da mangiare!
Sono presenti alla FAO di Roma capi di stato, ambasciatori e cardinali.

Il Presidente Ciampi esorta al rispetto dei diritti umani, alla tutela del patrimonio ambientale, a non disperdere preziose risorse in sanguinosi conflitti che, come ultima conseguenza lasciano sulla terra, che dovrebbe essere coltivata, distruzione e morte.
Il Presidente del Brasile Lula, che ha conosciuto la fame, dice che il problema non è solo economico ma politico e sostiene ch’è possibile garantire a tutti i poveri del mondo un pranzo e una cena. Intanto porta avanti il suo programma: “FAME/ ZERO”, distribuendo pasti nelle scuole e ai poveri e inoltre favorisce piccoli e medi contadini acquistando i loro prodotti. Sul banco degli imputati c’è l’egoismo delle nazioni ricche che spesso mettono tra le priorità del bilancio le spese belliche. Il Cardinale Sodano nel suo intervento sostiene che “più si spende per gli armamenti e meno rimane per gli affamati e ricorda che nei Paesi più sviluppati vi è una cultura consumistica esaltante falsi bisogni a discapito di quelli reali. Se i governi sono chiamati ad una seria attenzione a questi problemi ciò non deve costituire un alibi per chiuderci a livello personale nel nostro egoismo.
Abbiamo la possibilità di dare una mano a chi è nel bisogno: i missionari e gli operatori umanitari sono i nostri canali, essi spendono la loro vita nei paesi dove la miseria è più grande e dove è importante la loro opera educativa e formativa facendo proprio il proverbio “non dare solo il pesce all’affamato ma anche l’attrezzatura per poter pescare da solo”.
Siamo ad ottobre, mese missionario, la Chiesa ci invita a sostenere le missioni con la nostra solidarietà, con un pensiero ai tanti bambini che, come i nostri, hanno il diritto alla salute, alla scuola e alla protezione della loro fragile esistenza.
 
Mariolina Lussu
   
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