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La responsabilità di educare  
       
Domenica 16 ottobre, al termine della Messa delle 9,30, mi avvicina una mamma. Capisco che mi vuole parlare e lei, senza troppi preamboli, mi fa sapere che la domenica precedente, in Oratorio, aveva incrociato bambini intenti a dialogare a suon di parolacce. In questa sua comunicazione ho scorto preoccupazione e anche un pizzico di rimprovero. Come a dire: “ma almeno dell’Oratorio possiamo fidarci, oppure dobbiamo evitarlo alla pari degli altri luoghi di ritrovo?”. Rispondendo, le ho ricordato che l’episodio era accaduto il giorno di apertura e che, comunque, il parlare corretto e civile resta uno degli obiettivi più importanti della pedagogia oratoriana.
Per rendermi meglio conto della situazione, la domenica successiva, ho voluto trascorrere l’intera serata tra i bambini e i ragazzi a giocare, socializzare e dialogare. E’ andato tutto bene, grazie a Dio, ma riconosco che il problema sollevato da quella mamma merita attenzione. Intanto mi domando: “Da chi e dove quei bambini sono stati avviati all’uso di un linguaggio sboccato e grossolano? E i genitori?”. Intanto bisogna riconoscere che il fenomeno della maleducazione, anche tra i bambini, sembra purtroppo in rapida crescita.
La considerazione “ i bambini di oggi sono cambiati” è così ripetuta da essere diventata luogo comune. Supposto che ciò sia vero, si può per questo giustificare la volgarità? Indubbiamente oggi ci sono molti più stimoli, opportunità e distrazioni rispetto ai tempi passati. Sul piano educativo, però, molte delle trasformazioni in atto nel comportamento di ragazzi e adolescenti probabilmente sono da attribuirsi proprio ai mutamenti avvenuti tra le nuove generazioni di genitori. Bambini e ragazzi stanno incontrando modelli assolutamente banali nelle strade della loro crescita. Tra questi, purtroppo, talvolta, bisogna porre anche i genitori i quali, o fanno finta di non accorgersi delle suggestioni negative che condizionano la crescita dei loro figli, oppure preferiscono sdrammatizzare i rischi con il fatto che “i tempi sono cambiati”.
La verità è che questo stile di vita sono loro a permetterlo dopo avere rimosso o rinnegato i valori che avevano orientato la loro crescita quando erano ragazzi. Li stanno educando male perché hanno scelto di passare da un eccesso all’altro, e cioè da un’educazione forse troppo rigida ad un permissivismo assoluto e senza più regole, non più in grado di correggere. Si è finito per perdere il controllo della situazione senza peraltro mostrare alcuna disponibilità a riconoscere i propri errori. Quello che accade non è altro che il frutto di un modo di pensare e di uno stile di vita che trova la sua sorgente nelle convinzioni stesse dei genitori. Sono essi i primi a credere che la libertà consista nel potere fare ciò che uno vuole; che quello che maggiormente deve importare è la ricerca del consenso e il primato dell’avere; che più che guardare alla morale è conveniente inseguire ciò che risulta utile.
Occorre un’inversione culturale e ideale prima che i danni diventino irreparabili. Spetta a questi genitori cambiare per primi. Come possono, infatti, trasmettere ai figli ciò che non possiedono? E inoltre dovrebbero essere più consapevoli del disagio avvertito dagli altri operatori che, collaborando alla crescita dei loro figli, si sentono sminuiti nel loro ruolo a causa dell’eccessivo permissivismo che condiziona la loro azione educativa. Le osservazioni qui esposte, ovviamente, non vanno generalizzate né nei confronti dei bambini, né dei genitori. In mezzo a noi è dato incontrare ancora tante famiglie che si propongono per i modelli positivi vissuti. Mi auguro che il loro esempio, venga accolto e fatto proprio anche da chi se ne è discostato.
 
Don Giovannino
   
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