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Le vacanze:tempo di crescita o di sballo?  
       
Con la fine dell’anno scolastico per il variegato mondo degli studenti si è aperta la stagione, lunga tre mesi, del tempo (quasi tutto) libero. Nasce il problema di come occupare questo tempo e di cosa riempirlo. So bene che per tanti il programma è già pronto da prima che chiudano le scuole: il lavoro stagionale fuori di casa o nell’azienda di papà e mamma, per farsi un gruzzoletto o per aiutare a quadrare il cerchio della finanza familiare. Per essi, ovviamente, il problema non si pone. Ancora, non è facile parlare di tempo libero quando si è di fronte a persone vittime della disoccupazione, delle malattie o dei conflitti familiari. Ma questi non sono la maggioranza.

La questione di come vivere il lungo periodo estivo si pone davvero per molti fanciulli, ragazzi, adolescenti e giovani, in particolare per quella cerchia studentesca che di fatto resta esclusa dal circuito produttivo. E questa programmazione non coinvolge soltanto i diretti interessati, ma nella stessa misura le loro famiglie. Certo, ci sono gli amici di sempre e già questo consente di acquietare l’apatia e la noia del vivere quotidiano. E poi il gruppo ha la facoltà di assicurare protezione, infondere sicurezza e suscitare emozioni. Il mare, il parco, il motorino e le notti, monotonamente tutte uguali, passate a girovagare, schiamazzare e, perché no?, a trasgredire perché altrimenti si passa per conformisti.
E non deve sfuggire neppure un altro dato.

Un consistente numero di questi adolescenti provengono da famiglie povere alle prese con i bisogni elementari della sussistenza che non permette sprechi né di risorse, né di tempo. Eppure i figli scelgono di non lasciarsi coinvolgere con il risultato che per questi genitori avere dei figli unicamente intenti a cercare evasioni dentro una logica di disimpegno, diventa fonte di ulteriori preoccupazioni perché occorre pensare anche al mantenimento delle loro pretese, senza che si abbia il coraggio di ridimensionarle. Certo, per tanti, l’evasione dal quotidiano avviene dentro i vissuti del tutto tradizionali e i rapporti familiari non solo non ne risentono, ma ne vengono rafforzati. Quello che preoccupa è la crescita numerica tra i ragazzi e le ragazze preadolescenti del desiderio di provare quello che l’educazione tradizionale proibisce come dannoso e pericoloso: alcol, droghe, modi sbarazzini di vestire, di parlare e di stare con gli altri e tutti quei comportamenti che sfidano i divieti che regolano l’ordinato vivere sociale. Per i più piccoli (11/12 anni) questo può tradursi semplicemente nello starsene a girovagare con altri coetanei fino a tarda notte, provando l’ebbrezza di un’autonomia più invocata che voluta lontano dal controllo dei genitori. Naturalmente ci vuole poco a capire che anche questo modo di fare non è esente da rischi visto che purtroppo, e con sempre maggiore frequenza, non mancano casi di devianza già a questa età. E i genitori che lasciano fare non sono esenti da responsabilità. Per i più grandicelli, ovviamente, le occasioni sono diverse e per loro non è raro che si debba parlare di vero e proprio sballo. Quanti genitori non riescono più a frenare e a regolamentare la voglia di libertà e di autonomia dei loro figli adolescenti? A 15 anni ormai si rifiuta come offensivo qualsiasi invito a moderare le proprie pretese. Ci si ribella a tutto e a tutti. Ciò che si vuole diventa un diritto sacrosanto a cui nessuno può opporsi. Ad esempio, la richiesta dei genitori di rientrare a casa a un’ora da essi stabilita, in molti casi, è destinata all’insuccesso. E la motivazione è sempre la stessa: “nel gruppo, gli altri godono tutti di maggiore autonomia, non posso farmi prendere in giro e rischiare di perdere i miei amici; l’ingiunzione è ingiusta, e io non ubbidisco”. Il problema è davvero serio anche per la consapevolezza che il contesto sociale non lascia tranquilli e i ragazzi non riescono da soli a recepire criticamente i trabocchetti di cui è disseminato l’ambiente che frequentano. Inoltre è in corso un profondo ridimensionamento dei valori tradizionali a vantaggio di una spontaneità istintuale che giustifica tutto senza dimenticare la causa, forse più grave, e cioè la crisi della credenza religiosa in genitori e figli. Non dimentichiamo mai la stretta correlazione che c’è tra causa ed effetto.
 
Don Giovannino
   
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