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Bene e male: i confini vanno definiti  
       
La sapienza greca, attraverso il mito di Sisifo, sembra evocare il tentativo dell’uomo di ogni tempo e luogo di sconfiggere i limiti del proprio stato, facendo appello all’orgoglio e all’ingegno. L’astuto re, che era riuscito a catturare e a tenere in scacco Thanatos, dio della morte, venne alla fine sottomesso e condannato a spingere verso l’alto di uno scosceso pendio un enorme masso che puntualmente rotolava di nuovo a valle quando stava per essere collocato sulla cima, costringendolo a ricominciare sempre daccapo e illudendolo in un vano, infinito convincimento che quella fosse – finalmente! – la volta buona. In un periodo in cui i valori etici sembrano destinati a sottostare alla tecnica e non più a orientarla perfino quando ha per destinataria la persona, le considerazioni che propongo in questo ‘Sottovoce’ rischiano di risultare, a certe menti “libere”, figlie del passato. Mi conforta, tuttavia, la certezza che i valori umani non sono un’invenzione di questa o quella cultura o religione, ma principi che vanno oltre le civiltà e le aree geografiche e che, a ragione, sono da ritenersi “universali”. .
Il fatto che da poche o molte coscienze questi valori possano scomparire, non significa che essi siano tramontatiLa banalizzazione della spiritualità e della trascendenza finisce per diventare ostacolo serio all’accettazione di norme morali vincolanti. La loro negazione, però, non significa che esse possano venire soppiantate o annullate.
Vorrei ora esemplificare meglio il ragionamento con un esempio. Quello che noi cristiani chiamiamo peccato, una volta si identificava col male e con il rifiuto dei dettami profondi della coscienza. Oggi, invece, si tende a identificare il peccato con ciò che non piace e il bene con ciò che piace.
Dunque, tradire la coscienza quando si tratta di soddisfare i propri desideri, calpestare i diritti altrui per non rinunciare ai propri guadagni, tradire la parola data o un’amicizia per non avere fastidi, attestare il falso in cambio di vantaggi, abbandonare marito (o moglie) e figli per non rinunciare al fuoco di una passione improvvisa, ecc. ecc., tutto questo non si dovrebbe più chiamare male (peccato), ma bene, dal momento che piace a chi lo fa. Che utilità ne avrebbe una società che volesse fondare i suoi valori etici su questi principi? Ecco perché occorre più che mai puntare sull’educazione. Se davvero anche per le nuove generazioni si vuole assicurare una convivenza armonica e rispettosa, bisogna coscientizzare sulla necessità di norme morali certe, vincolanti e uguali per tutti per evitare le storture che si originano quando gli individui cercano di farsi una morale a proprio uso e consumo. Diversamente si rischia l’incomunicabilità e il caos, perché gli altri potrebbero confezionarsene una esattamente contraria alla nostra, con le conseguenze che ne derivano. Senza regole certe dovremmo convivere con una cultura che propugna come legittima una prassi di vita fondata sul tornaconto, il doppio gioco e la furbizia con uno sfascio della vita individuale e collettiva davvero devastante. Già oggi, di fronte a fatti di cronaca di particolare efferatezza, esprimiamo sconcerto e orrore chiedendoci perché mai si possa arrivare a tanto e dimenticando che simili eventi, quasi sempre, sono il frutto di regole disattese e di norme valoriali rifiutate.
La storia ci ricorda che tutte le civiltà, quando al loro interno si raggiunge il benessere materiale e, a motivo di questo, l’uomo si lascia irretire dall’illusione di potere essere anche principio e ragione ultima di tutto, lentamente decadono e scompaiono. E a noi, cosa promette il futuro?
 
Don Giovannino
   
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