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Dal Carosello al Grande Fratello  
       
Nello scorso numero abbiamo elogiato le qualità della lettura e dei libri, facendo una critica un po’ dura alla televisione e ai programmi che trasmette. In passato però la televisione ha svolto un ruolo determinante nella diffusione dell’italiano come lingua nazionale, che si sostituì rapidamente, specialmente tra le giovani generazioni, ai diversi dialetti regionali. Infatti, la tv è riuscita se non a far dell’Italia “una d’arme, di lingua, d’altare, di memorie, di sangue e di cor” così come auspicato dal Manzoni, sicuramente a unire un po’ di più l’Italia e soprattutto gli italiani. Questo grazie a programmi interessanti che riuscivano a tenere incollate le persone davanti al teleschermo.
Durante gli anni Sessanta andava in onda un programma dal titolo “Non è Mai Troppo Tardi” condotto da Alberto Manzi, maestro elementare, il quale insegnava a fare la propria firma, a leggere e a scrivere, seguendo un vero e proprio abbecedario. In questo periodo il livello di alfabetizzazione non era alto, inoltre il fatto che gli italiani sentissero parlare una sola lingua non può che avere influito positivamente sui loro sentimenti; finalmente cominciavano a sentirsi un unico popolo. Poi, come non ricordare lo storico Carosello e i suoi messaggi pubblicitari, che tramite personaggi quali Calimero, Carmencita,
sicuramente più pudichi e simpatici degli attuali “spot”, accompagnarono l’infanzia di tanti bambini.Cominciarono poi i primi quiz a premi, da “Lascia o Raddoppia?” di ispirazione americana, condotto daMike Bongiorno, che divenne un vero e proprio fenomeno di costume tra il ’55 e il ’59, al “Musichiere” di Mario Riva, dove i concorrenti rispondevano a domande di cultura generale permettendo anche ai telespettatori di imparare.Con l’avvento delle emittenti private, i canali e di conseguenza la scelta dei programmi é più vasta, la RAI o Mediaset offrono ogni giorno tante trasmissioni, da quelle sportive ai telegiornali, dalle soap-opera ai quiz, insomma ce n’é per tutti i gusti. Tuttavia, se fino a qualche tempo fa la televisione (inizialmente con un solo canale) era caratterizzata da un rapporto pedagogico con lo spettatore, da una programmazione rigida e definita, da un tipo di aggregazione rituale (ogni programma veniva presentato come un’occasione unica e irripetibile, quindi da non mancare), la nuova tv ha perso parte di questa sacralità. Gli autori dei programmi oggi forse sono più interessati all’audience e mescolano sentimenti, intrattenimento e cultura, dando vita a programmi privi di identità; fortunatamente c’è ancora qualche trasmissione che merita di essere guardata, ma purtroppo si tratta di una piccola parte di tutta la programmazione televisiva.
 
Francesca Ortu
   
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