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Indifferenza e solidarietà  
       

Quando ero bambino, perfino cose essenziali quali le scarpe o l'andare a scuola risultavano per molti un lusso. Allora i beni primari si riducevano davvero a poche cose. A sei/sette anni i bambini d'oggi vivono circondati da premure e attenzioni spesso esagerate. Allora invece, a quell'età, tanti facevano già le prime dure esperienze di lavoro. Le famiglie più bisognose, per assicurare un minimo di sopravvivenza, necessitavano del poco che anche un bambino riusciva a procurare. Per un numero considerevole di persone restava desiderio inappagato anche solo l'avere pane a sufficienza per allontanare dallo stomaco i morsi della fame. Poco si sapeva delle avventure dei personaggi della carta patinata e delle vicende che accadevano nel mondo. Le conoscenze, anche quelle fondamentali che consentono agli individui di affrancarsi dalla miseria, erano appannaggio dei privilegiati. Nonostante ciò, anche dentro quella società, erano i poveri e non i ricchi a mostrare capacità di condivisione nei confronti dei più diseredati. Tra sfortunati, quello che stava peggio, non veniva isolato o ignorato, ma aiutato, - quasi naturalmente, - dagli altri poveri. Il poco che si aveva non lo si gestiva a proprio, esclusivo tornaconto, ma si avvertiva il dovere di farne partecipi anche coloro che si trovavano in un'indigenza più grave.

Ora questo mondo, almeno da noi, è scomparso. Non voglio dire che non esistono più poveri o persone che si dibattono quotidianamente tra problemi più grandi di loro, perché, purtroppo, la povertà è sempre presente con i suoi risvolti e le sue sofferenze. Il contesto, però, non è più quello di cinquant'anni fa. Il benessere non ha più per destinatari pochi fortunati, ma si presenta come fenomeno di massa. La maggioranza degli individui sta bene, può contare su redditi in grado di garantire un tenore di vita almeno dignitoso, gode di servizi sociali adeguati, di una istruzione obbligatoria fino all'adolescenza e di tanto altro ancora.
Tutto questo però, - ed è bene che di tanto in tanto apriamo gli occhi e la mente a queste riflessioni, - ci ha condotto a prediligere stili di vita che ci spingono non a forme di altruismo ancora più responsabili, ma, al contrario, ad una più marcata indifferenza. E' migliorato il tenore di vita, ma il cuore sembra diventato più distaccato e freddo. Occorre farsi consapevoli che il benessere materiale, da solo, non conduce automaticamente a una migliore qualità della vita. Annotava provocatoriamente lo scrittore inglese Gorge Bernard Shaw: "Il maggior peccato verso i nostri simili non è odiarli, ma essere indifferenti". L'affermazione certo suona un po' paradossale, dal momento che sul piano relazionale niente è più distruttivo dell'odio. Anche l'indifferenza però, - soprattutto quando diventa sistema di vita, - risulta nefasta. Senza volere, perché non sarebbe vero, eccedere nelle differenziazioni tra passato e presente, va tuttavia sottolineato che il progresso ha offuscato le coscienze. Ieri la persona, anche se povera, sapeva condividere, nell'attuale società, invece, ci si è chiusi a riccio a protezione di ciò che si è raggiunto e che si possiede. Alla solidarietà si preferisce l'egoismo, all'attenzione per l'altro l'insensibilità, alla partecipazione la chiusura. Ciò che accade si pensa che meriti attenzione solo se ha delle attinenze con la propria vita. Impegnarsi solo per ciò che conviene, stando sempre attenti a valutare le circostanze caso per caso, sembra essere diventata la nuova legge morale dell'agire. Soltanto il conseguimento di vantaggi personali giustifica il proprio impegno. In assenza di probabilità di riuscita è meglio lasciar perdere. I sacrifici è meglio evitarli se non sono convenienti. I problemi e i bisogni degli altri non devono riguardarci. La regola aurea data da Gesù "fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te" pare che ormai recluti pochi seguaci anche tra i cristiani.
Cosa concludere? Sono convinto che pur essendo in presenza di una cultura che trascura e considera perdenti questi valori non dobbiamo adeguarci. Lo impone la coscienza e la storia dell'umanità che sempre ha esaltato l'altruismo come elemento fondante la dignità della persona. Non possiamo permettere che si estingua in noi l'anelito alla pace e all'amore che si fa dono. Cerchiamo perciò di sottrarci alle sabbie mobili dell'egoismo e dell'indifferenza per aprirci agli altri in una dimensione autentica di carità.
 
Don Giovannino
   
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