Parrocchia Santa Barbara Villacidro
Piazza S. Barbara, 2 -- 09039 Villacidro (CA) ITALIA Tel. e fax: +39 070932018
Santa Barbara Villacidro
                   
               
   
Riflessioni dal Perù
 

Dopo qualche anno dalla mia prima esperienza, ho nuovamente l’opportunità di trascorrere due mesi a contatto diretto con i poveri in un altro paese dell’America latina; ho viaggiato per incontrare gli sventurati abitanti dell’esteso territorio dei sobborghi di Lima, capitale del Perù. Sono qui da alcune settimane ed è sempre sconcertante incontrare il niente di chi vive nella povertà. Riconosco le facce, diverse, ma con le medesime sembianze della mendicità; intravedo le angosce di una vita di privazioni e stenti, di durissimo lavoro per la permanenza in vita; colgo gli sguardi di discreta soggezione, ma di sincera accoglienza quando sono invitata ad entrare in queste umilissime “case”. Scorgo negli occhi dei bambini il bisogno di caldi abbracci, di sorrisi reclamati con imprevedibile insistenza ed innocente replica; il piacere di elargire baci con incalcolabile frequenza, in attesa di riceverne altrettanti. Piccole creature del Signore che non sono mai abbastanza sazie delle attenzioni ricevute, che ti catturano fino a sfiancarti, quasi volessero intrappolarti per sempre nella loro tela immaginaria, tessuta per garantirsi un affetto così tanto bramato e non soddisfatto: non c’è tempo per loro, il bisogno è figlio della fame. Anche la condizione orografica gioca a sfavore di questa moltitudine di fratelli costretti a vivere nelle colline di sabbia e terra arida e sterile, tra mucchi di macerie e rifiuti diventate con gli anni vere montagne. Lungo le strade impolverate vengono lasciati scarti di ogni genere che vengono quotidianamente “smistati” dai tantissimi che traggono da ciò una avvilente fonte di sostentamento; tanti sono coloro che recuperano le lattine in alluminio, la plastica, il vetro, o vanno semplicemente alla ricerca di avanzi di cibo per nutrirsi. Dovunque buste di rifiuti che, in attesa di essere rimosse o date fuoco, si ammucchiano nel tempo rilasciando effluvi sgradevoli e ammorbando l’aria di questo luogo, reso in questo modo ancora più desolante. E’ altrettanto consueta l’esistenza di una innumerevole quantità di cani, parte integrante del nucleo familiare e tenuti in casa a protezione della proprietà, che lasciano dappertutto tracce inequivocabili della loro presenza. Camminando su, verso la cima della collina chiamata “cerro”, dove si insedia il popolo dei disperati che per ultimi arrivano dalle aree rurali più misere, le abitazioni in muratura sono rimpiazzate da dimore che sono un ammasso di pannelli di compensato luridi e putridi, o fogli di cartone recuperati lungo le discariche viarie che, ad avere la buona sorte di recuperarli, significa garantirsi un po’ di comodità nelle baracche, le “chosas”. L’asfalto lascia il posto alle strade ancora sterrate, che sudice e brulle rendono ancora più malinconici i luoghi; la polvere è protagonista esclusiva di questi spazi ripudiati dalle persone normali; spazi che sono divenuti miseri eldorado dei “campesinos” che, lasciati i campi incoltivabili delle regioni della Sierra o della Selva, si spingono lontano centinaia di kilometri fino alla città, speranzosi di assicurare un’esistenza appena decorosa per sé e per i propri congiunti, quando questi hanno la buona ventura di poter seguire il capofamiglia. Non devo scordarmi inoltre della “garua”, il fenomeno quasi quotidiano dell’umidità che si trasforma in pioggerellina che bagna, ma non porta alcun beneficio, per le risorse idriche o alla vegetazione, e che contribuisce a rendere ancora più deprimente questi quartieri. Il fenomeno della urbanizzazione selvaggia delle colline che caratterizzano l’orizzonte urbanistico del distretto limegno, è iniziata con l’invasione negli anni ’50; migliaia di persone hanno abbandonato la terra natale per non morire di fame, famiglie divise dalla necessità che ha determinato lo spostamento dei disperati. Altrettanto significativo è stato il ventennio del terrorismo che ha favorito in misura esponenziale la emigrazione delle popolazioni; durante questo tempo, in particolare i contadini delle zone interne del paese, sono state vittime due volte dei soprusi: se da una parte c’erano i terroristi che li costringevano a sostenere la lotta popolare contro il governo, dall’altra c’era un corpo militare che li accusava di essere favoreggiatori o appartenenti alle bande armate, in entrambi i casi la reazione ad un rifiuto di collaborazione era la medesima: esecuzioni di massa di uomini e bambini, stupri e violenze alle donne. L’alternativa a ciò era quindi scappare da questi scenari di conflitto per evitare il solito crudele spargimento di sangue di migliaia di persone innocenti. Solo da dieci anni a questa parte pare che la situazione si sia ridimensionata; i governi attuali sembra abbiano risolto il problema; tuttavia gli avvenimenti di quegli anni hanno segnato indelebilmente tanti adulti ed altrettanti giovani che, costretti a scappare verso la città, ancora oggi sono tenuti ai margini di una collettività che li disconosce come figli effettivi dello stesso paese. Alla parrocchia “La Trinitad”, a cui appartiene la Comunità Missionaria di Villaregia a Lima, e di cui sono ospite, fa parte pure l’area dove sono impiantati i tralicci della distribuzione dell’energia elettrica che serve la capitale peruviana; ebbene durante la fase più cruenta del terrorismo, le postazioni erano oggetto di attentati e venivano puntualmente fatte saltare con le mine interrompendo il servizio ed incutendo nelle persone paura per la propria integrità. Nonostante sia stato fatto divieto assoluto di costruire, per ovvie ragioni di sicurezza, anche qui sono presenti abitazioni, e in gran quantità visto che l’area è abbastanza vasta. A sostegno dei meno abbienti, lo Stato ha incrementato la presenza dei “comedores” le cucine popolari che danno sostentamento a tante famiglie, che a prezzi irrisori possono avere cibo per un pasto completo; la Comunità si preoccupa di aiutarne una dozzina. La raccolta di alimenti che puntualmente coinvolge i Centri Missionari presenti in Italia, a Quartu S. Elena in Sardegna, (spesso anche con la collaborazione di tanti villacidresi) fa sì che nei comedores si possano cucinare circa mille pasti al giorno; con grande partecipazione ho fatto anche questa esperienza di aiuto. Mi do da fare anche al centro medico (una struttura di notevole apporto sanitario che esiste da qualche anno appena), occupandomi dello smistamento ultimo delle preziosissime medicine che arrivano dall’Italia e che, vendute a prezzi modesti, consentono alle persone di acquistare farmaci altrimenti impossibili, visto gli altissimi costi. Bisogna riconoscere che il peruviano è un popolo di accoglienza fraterna; quando mi capita di visitare i parrocchiani mi sento a casa, la semplicità delle persone è vicina alla nostra, il piacere di stare in comunione con amici che vivono dall’altra parte del mondo e che scelgono di trascorrere delle settimane con loro, li rende gioiosi e grati di ricevere la nostra visita. Mi accompagna un certo pudore ad entrare nelle loro vite, ma ciò svanisce quando dopo le presentazioni di rito, chi mi ospita si lascia andare a confidenze intime che mi lasciano sorpresa per il peso della sofferenza sia fisica che interiore del quale mi rendono partecipe; vorrebbero tenerti con se perché non sono mai abbastanza le cose che vorrebbero raccontarti. Ecco, questo è un aspetto della realtà che ho incontrato e che interessa tutta la fascia extraurbana di Lima, superato questo confine, è come dappertutto, un altro mondo. Con la ricchezza sfrontata, il solito conseguente spreco di ogni cosa, e l’usuale indifferenza della gente che non appartiene alla categoria dei più deboli. Avrei tante cose ancora da raccontare, e se mi sarà data ancora occasione lo farò con grande piacere, consapevole di avere attenzione ed interesse da tutte le persone che aspettano con gioia il mio ritorno a casa. Hasta luego!

 

Bruna Frongia

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