Parrocchia Santa Barbara Villacidro
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Santa Barbara Villacidro
                   
               
   
Il lupo, l’agnello, il Natale
 

Il 21 novembre scorso si è tenuta in Italia una giornata di preghiera per i cristiani d’Iraq, chiamati ormai da anni, a una testimonianza crescente della loro fede. Assassini e terroristi, in preda a una follia fondamentalista, inseguono con spietata lucidità il disegno di sterminare con determinazione una pacifica comunità, antichissima per storia visto che abita quella terra da parecchi secoli prima che avesse ad imporsi l’islam. Ormai è una caccia pianificata ai cristiani braccati all’interno delle chiese e perfino casa per casa. Quello che mi dà più fastidio in questa tragica vicenda è il silenzio delle autorità musulmane, spirituali e politiche. Possibile che non abbiamo il coraggio di spendere una parola in difesa di vittime innocenti?. Eppure per quanto li riguarda sono sempre pronti a dure esternazioni, proteste e vendette quando ritengono di essere stati offesi. Siamo a Natale, ma in Iraq non si contempla una grotta in cui vagisce il Verbo di Dio fatto carne, ma una gigantesca croce dalla quale cola il sangue di decine di innocenti uccisi, non dimentichiamoci, solo perché cristiani. Catturati e trascinati fuori dalle loro case, uccisi nelle chiese, schedati e condannati come comuni delinquenti. Anche duemila anni fa e per parecchi secoli i cristiani li si tacciava con un marchio di disprezzo. Questo odio crescente nei confronti dei seguaci di Gesù di Nazaret in Iraq (e non solo) è la prova che il “prendere la propria croce” talvolta non è solo espressione della ricca simbolica, ma una realtà drammatica che coinvolge innocenti chiamati a versare il sangue per il Vangelo oppure vittime di una ferocia smisurata. Fratelli e sorelle morti perché felici di amare e seguire il Signore; uomini, donne e ragazzi e bambini che si gloriavano della Croce di Gesù come unico segno di speranza e perdono. Mi piace riportare da Avvenire alcune espressioni di Davide Rondoni “… la testimonianza dei fratelli disprezzati e uccisi in Iraq divenuti immediatamente contenuto di coscienza per noi. Perché il loro sangue versato diventi subito nuovo sangue e nuova linfa per la nostra fede. Diventi nuovo onore per quel Cristo re che ebbe il trono più strano tra tutti i re della storia: il patibolo. La preghiera per loro è allo stesso una preghiera per i carnefici. E per noi. Intanto giustizia vorrebbe che i leaders religiosi e le diplomazie (spesso latitanti per non compromettere gli scambi commerciali e gli interessi economici) avessero a muoversi. Stragi nelle chiese, attacchi con mortai e ordigni esplosivi nei quartieri e nelle case, questo oggi a Bagdad, mentre per mesi e mesi la scia di morte aveva interessato la città di Mosul. Il Dio crudele dei fondamentalisti contro Gesù crocifisso simbolo universale di amore e perdono. Le bande legate ad al Qaeda cercano di impressionare ed impaurire il mondo con le strategie dell’escalation e della crudeltà nel tentativo di accrescere il caos nelle nazioni islamiche e nell’Occidente facendo leva sull’odio anticristiano. In Iraq – l’ho già ricordato – i cristiani sono presenti da molto tempo prima che arrivasse il Corano di Maometto, eppure i rigurgiti di quel disumano e intollerabile fenomeno che è la pretesa di pulizia confessionale sta di nuovo esplodendo più violento che mai in tanti posti del mondo. Perché, dopo duemila anni di civiltà cristiana, l’agnello continua ad essere lasciato in balia del lupo? Perché l’islam continua a tacere e a non fare? Non è questa una vergogna? Carissimi parrocchiani, è Natale, e naturalmente il mio augurio è che possiate festeggiarlo tutti in serenità e gioia nel calore delle vostre famiglie. Vi chiedo, però, di non dimenticarvi di questi fratelli e sorelle che vorrebbero anch’essi festeggiare nella letizia la venuta di Gesù in mezzo a noi e non potranno perché assediati da uomini dal cuore di pietra che gridano “Allah è grande” quando ammazzano e distruggono. A Natale canteremo “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Preghiamo per davvero perché la gloria a Dio si traduca in pace dei cuori, in rispetto per il prossimo, in condivisione delle sofferenze.

 

Don Giovannino

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